Infiammazioni croniche intestinali: l’aiuto delle sostanze nutritive

La medicina dei micronutrienti in caso di morbo di Crohn e colite ulcerosa

Le malattie infiammatorie croniche intestinali sono caratterizzate da infiammazioni ricorrenti che causano flatulenza, mal di pancia e diarrea. Le due forme principali sono il morbo di Crohn e la colite ulcerosa. L’obiettivo del trattamento è bloccare queste infiammazioni e allungare il più possibile i periodi di assenza di sintomi dolorosi. Questo è possibile non solo con i farmaci, ma anche assumendo determinate sostanze nutritive. Scoprite di quali micronutrienti si tratta e come sono utilizzati al meglio dalla medicina dei micronutrienti.

Cause e sintomi

Rappresentazione anatomica del corpo umano con indicazione dell’intestino tenue
Le malattie infiammatorie croniche intestinali sono caratterizzate da infiammazioni ricorrenti. Le due forme principali sono la colite ulcerosa (che colpisce l’intestino crasso) e il morbo di Crohn (che colpisce l’intestino tenue). Immagine: Nerthuz/iStock/Getty Images Plus

Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) sono infiammazioni ricorrenti dell’intestino che causano flatulenza, mal di pancia, sangue nelle feci e diarrea o stipsi e portano a carenze alimentari a causa di una cattiva digestione e ad altre patologie come fistole intestinali o tumore all’intestino.

Ad oggi le cause di queste malattie non sono note, ma gli scienziati presumono che siano dovute a danni alla barriera intestinale. I batteri naturali fuoriescono dall’intestino attraverso la barriera intestinale, attivano il sistema immunitario e causano infiammazioni. Probabilmente anche la genetica e alcuni fattori ambientali come l’alimentazione svolgono un ruolo in queste patologie.

Il parere degli esperti

In passato gli scienziati ritenevano anche che le malattie infiammatorie croniche intestinali fossero patologie autoimmuni, ma ora questa convinzione è superata. In caso di malattia autoimmune, l’organismo produce anticorpi contro il proprio tessuto connettivo.

Esistono due forme principali di malattie infiammatorie croniche intestinali:

Colite ulcerosa: solo l’ultima parte dell’intestino, quello crasso, è interessata dalle infiammazioni ricorrenti.

Morbo di Crohn: le infiammazioni si manifestano principalmente tra l’intestino tenue e l’intestino crasso. Possono anche colpire l’intero tratto gastrointestinale, ovvero presentarsi anche nella bocca o nell’esofago.

Classificazione

Obiettivi del trattamento

Come vengono trattate in modo classico le malattie infiammatorie croniche intestinali?

La colite ulcerosa e il morbo di Crohn sono patologie incurabili. Pertanto, qualsiasi trattamento consente solo di alleviare la gravità e la frequenza dei sintomi. Solitamente hanno un decorso fasico, ovvero presentano fasi alterne sintomatiche e asintomatiche. L’obiettivo principale della terapia è prolungare la fase asintomatica il più a lungo possibile e alleviare le infiammazioni acute.

Durante la fase dolorosa, i medici prescrivono solitamente degli antinfiammatori sotto forma di compresse o supposte. I principi attivi farmacologici utilizzati sono gli aminosalicilati come la mesalazina e la sulfasalazina (ad esempio Argonal®, Pentasa® o Salazopyrin En®). Alcuni di questi farmaci sono somministrati anche per prevenire una fase infiammatoria.

Una fase acuta viene spesso curata con farmaci che bloccano il sistema immunitario, come ad esempio il cortisone (glucocorticoidi) o gli immunosoppressivi. Tra i glucocorticoidi si annoverano i principi attivi prednisone (come Lodotran® e Deltacortene®), desametasone (ad esempio Capital®) o budesonide (Budiair® o Aircort®). Gli immunosoppressivi più utilizzati sono l’azatioprina (Azafor®) e la ciclosporina (Ciqorin®). Tuttavia, a causa dei loro effetti collaterali, questi farmaci non vengono somministrati per lunghi periodi.

Inoltre, se i farmaci non sono efficaci, è necessario a volte ricorrere alla chirurgia e asportare il tratto di intestino colpito.

Gli obiettivi della medicina dei micronutrienti

Fiocchi d’avena e frutta in una ciotola su un tavolo
Le fibre e i probiotici sono molto utili per rallentare il decorso della malattia. Immagine: Arx0nt/iStock/Getty Images Plus

Anche l’obiettivo primario della medicina dei micronutrienti è rallentare il decorso della malattia e prolungare il più possibile il periodo asintomatico. In questo caso sono efficaci i batteri "buoni", i cosiddetti probiotici, e determinate fibre. Inoltre, le sostanze nutritive antinfiammatorie ostacolano l’insorgenza di nuove infiammazioni intestinali. Poiché entrambe le malattie sono caratterizzate da queste manifestazioni, la terapia basata sui micronutrienti non fa distinzioni tra colite ulcerosa e morbo di Crohn.

Il secondo obiettivo per importanza è evitare una carenza di micronutrienti: in caso di infiammazione l’intestino non è in grado di assorbire vitamine e minerali a sufficienza e quasi tutti i pazienti presentano una carenza di una o più sostanze nutritive. Di conseguenza, la medicina dei micronutrienti consiglia sempre di ricorrere a un preparato che contenga tutte le vitamine e i minerali, in particolare vitamina D, vitamine del gruppo B, calcio, magnesio, zinco, selenio e potassio. Spesso si verifica anche una carenza di ferro, che può causare complicanze.

Informazioni

Le cause per cui si instaura una carenza, tuttavia, non solo patologiche: spesso anche i farmaci danneggiano l’equilibrio dei micronutrienti, in particolari se assunti per lunghi periodi di tempo.

Classificazione

Trattamento con i micronutrienti

Amido resistente: nutrizione per l’intestino

Meccanismo d’azione

La peculiarità dell’amido resistente è che non viene scisso dagli enzimi digestivi e raggiunge così l’intestino crasso. Fa quindi parte delle fibre che vengono distrutte dai batteri intestinali nell’intestino crasso, producendo sostanze con effetto antinfiammatorio e in grado di alleviare i disturbi dovuti alla colite ulcerosa e al morbo di Crohn. Inoltre, queste sostanze sono un alimento prezioso per i batteri intestinali buoni.

Il parere degli esperti

Il butirrato, un acido grasso a catena corta, è il prodotto finale del processo di fermentazione batterica nell’intestino crasso. Ha una forte azione antinfiammatoria e rappresenta la principale fonte di energia per le cellule della mucosa intestinale. Inoltre, gli acidi grassi a catena corta riducono il valore del pH nell’intestino, favorendo così la proliferazione della flora intestinale. Chi soffre di malattie infiammatorie croniche intestinali presenta spesso una flora intestinale danneggiata, composta principalmente da batteri patogeni.

Dosaggio e consigli sull’assunzione

I pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali traggono giovamento da 20-30 grammi di amido resistente al giorno.

Per evitare l’iniziale flatulenza, dovrebbero cominciare l’assunzione gradualmente, poiché la degradazione dell’amido resistente da parte dei batteri intestinali produce dei gas che devono poi essere espulsi. Si consiglia di iniziare con una dose inferiore, ad esempio 10 grammi distribuiti nell’arco della giornata, finché l’intestino non si è abituato. Se lo stomaco tollera questa dose, è possibile aumentarla gradualmente fino a 20-30 grammi.

I batteri buoni garantiscono il buon equilibrio della flora intestinale

Meccanismo d’azione

Studi dimostrano che gli squilibri nella flora possono probabilmente contribuire all’insorgenza (patogenesi) delle malattie infiammatorie croniche intestinali. I batteri buoni (probiotici) eliminano i germi patogeni nell’intestino creando una barriera intestinale intatta e riequilibrando la flora intestinale. Inoltre, regolano il sistema immunitario e attenuano le reazioni infiammatorie.

Sono perciò un componente fondamentale nella terapia con i micronutrienti per contrastare le malattie infiammatorie croniche intestinali. I principali batteri intestinali sono i lattobacilli e i bifidobatteri.

Dosaggio e consigli sull’assunzione

Immagine di batteri intestinali umani
Determinati batteri favoriscono il prolungamento dei periodi asintomatici. Immagine: ClaudioVentrella/iStock/Getty Images Plus

Nella fase asintomatica, chi soffre in particolare di colite ulcerosa trae grande beneficio dai batteri buoni. Studi hanno dimostrato che questi batteri consentono di prolungare la fase asintomatica e prevenire anche la tipica perdita di peso. Anche la mesalazina è più efficace se combinata con lattobacilli e bifidobatteri.

Consiglio

Bisogna assicurarsi di assumere i seguenti batteri: L. plantarum, L. acidophilus, L. delbrueckii subsp. Bulgaricus, B. longum, B. breve e Streptococcus thermophilus o, in alternativa Escherichia coli Nissle 1917, il cui effetto positivo è stato confermato da vari studi.

Un buon probiotico dovrebbe includere una carica batterica di almeno 10 miliardi di unità formanti colonie (UFC). L’assunzione di tali batteri buoni andrebbe discussa con un medico specializzato in micronutrienti, che ne sconsiglierà l’assunzione ad esempio in caso di sistema immunitario molto indebolito, subito dopo un intervento chirurgico o in caso di pancreatite acuta.

Esame delle feci

L’esame delle feci, ovvero l’analisi in laboratorio di un campione di feci, viene effettuato per analizzare la composizione della flora intestinale. La cosa importante è rispettare scrupolosamente le istruzioni fornite dal medico o dal laboratorio: se il campione di feci, ad esempio, resta per troppo tempo a contatto con l’ossigeno, determinati batteri possono moltiplicarsi in maniera esponenziale, alterando il risultato.

L’esame comprende la rilevazione di germi patogeni come Salmonella, Campylobacter, Yersienien o Shigella e determina anche la presenza dei bifidobatteri e dei lattobacilli buoni. Il test rileva anche i batteri E. coli, gli enterococchi, i clostridi o il fungo Candida albicans. Il laboratorio indica sempre quali sono i valori normali.

Anche il valore del pH nell’intestino è importante: se è troppo elevato, infatti, indica che l’intestino non è abbastanza acido e la proliferazione dei batteri buoni rallenta. Il valore del pH dovrebbe essere compreso tra 5,5 e 6,5.

La vitamina D regola gli agenti infiammatori

Meccanismo d’azione

La carenza di vitamina D è molto diffusa in caso di malattia infiammatoria cronica intestinale, e il rischio raddoppia nei pazienti con colite ulcerosa. Ecco perché è particolarmente importante assumere una quantità sufficiente di vitamina D, che regola gli agenti infiammatori e può così bloccare le infiammazioni eccessive.

Nonostante il parere degli scienziati non sia ancora unanime sul legame tra vitamina D e morbo di Crohn e colite ulcerosa, alcuni studi medici dimostrano che la vitamina D è in grado di ridurre le infiammazioni: nei soggetti in studio che presentavano valori di vitamina D inferiori le infiammazioni della mucosa intestinale erano infatti più gravi. Con l’assunzione di vitamina D, invece, i marcatori infiammatori subivano un calo.

Dosaggio e consigli sull’assunzione

La dose corretta di vitamina D dipende sempre dai valori nel sangue. Le persone con malattie infiammatorie croniche intestinali dovrebbero assumerne almeno 2.000 unità internazionali, e spesso i medici ne prescrivono anche dosi maggiori per compensare una carenza. Tutte le informazioni sulla dose ideale di vitamina D sono contenute nel relativo articolo.

La vitamina D è liposolubile, ossia può essere assorbita dall’intestino solo insieme ai grassi contenuti negli alimenti. Per questo se ne consiglia l’assunzione insieme ai pasti.

Esami di laboratorio

Poiché spesso chi soffre di una malattia infiammatoria cronica intestinale presenta una carenza di vitamina D, si consiglia sempre di verificarne il livello nel sangue. Gli esami di laboratorio consentono di misurare una forma della vitamina D, la cosiddetta vitamina D 25(OH), analizzando il siero, la parte liquida del sangue priva di cellule ematiche.

Il parere degli esperti

In condizioni ottimali, i valori della vitamina D nel sangue dovrebbero essere compresi tra 40 e 60 nanogrammi per millilitro (ng/ml) oppure tra 100 e 150 nanomoli per litro (nmol/l).

Acidi grassi omega-3: un must contro le malattie infiammatorie

Meccanismo d’azione

Capsule di omega-3
Gli acidi grassi omega 3 hanno un effetto antinfiammatorio e possono quindi attenuare i processi infiammatori nell’intestino. Immagine: tashka2000/iStock/Getty Images Plus

In caso di patologie legate a infiammazioni, i medici specializzati in micronutrienti consigliano quasi sempre di assumere acidi grassi omega-3 contenuti in pesce, krill o alghe, che vengono utilizzati dall’organismo per produrre agenti antinfiammatori ed evitare al contempo la formazione di sostanze infiammanti. I primi studi medici indicano che gli acidi grassi omega-3 possono indebolire i processi infiammatori nell’intestino e, in alcuni soggetti, addirittura prolungare la fase asintomatica.

Dosaggio e consigli sull’assunzione

Si consiglia di assumerne ogni giorno 2.000 milligrammi per attenuare le infiammazioni nell’organismo. Assicurarsi sempre di assumere la massima quantità possibile di EPA (acido eicosapentaenoico), che ha una forte azione antinfiammatoria.

Gli acidi grassi omega-3 dovrebbero essere assunti insieme ai pasti perché i grassi degli alimenti ne favoriscono il passaggio dall’intestino al sangue.

Consiglio

Occorre inoltre assicurarsi che gli acidi grassi siano di buona qualità, soprattutto quelli contenuti nei preparati a base di olio di pesce. I preparati di alta qualità vengono sottoposti a diversi processi di purificazione per eliminare sostanze nocive e altri residui indesiderati che possono distruggere gli acidi grassi omega-3 e danneggiare le cellule del corpo. Maggiori informazioni sui preparati di qualità sono disponibili qui.

Esami del sangue: l’indice omega-3

L’indice omega-3 valuta l’apporto degli acidi grassi omega-3 ed è particolarmente consigliato stabilirlo in caso di malattie infiammatorie.

L’indice omega-3 viene analizzato nel sangue misurando la percentuale di acidi grassi omega-3 nei globuli rossi e calcolandone la percentuale rispetto agli acidi grassi totali. Se l’indice omega-3 è superiore all’otto percento, l’apporto è corretto; se invece è inferiore al quattro percento, occorre intervenire.

È possibile stabilire l’apporto di omega-3 anche attraverso altri parametri. Tutte le informazioni sono disponibili qui.

Da considerare in caso di assunzione di anticoagulanti e prima di interventi chirurgici

Poiché gli acidi grassi omega-3 hanno un effetto anticoagulante, se assunti a dosi superiori a 1.000 milligrammi possono potenziare l’azione dei farmaci anticoagulanti. Prima dell’assunzione si consiglia di consultare il proprio medico, che controllerà il tempo di protrombina (tempo di Quick) e, se necessario, ridurrà la dose dei farmaci.

Tra gli anticoagulanti rientrano i derivati cumarinici (come Marcumar®), il warfarin (Coumadin®), l’acido acetilsalicilico (ASA, Aspirina®), l’eparina (Clexane®) e i nuovi anticoagulanti orali come apixaban (Eliquis®), dabigatran (Pradaxa®), edoxaban (Lixiana®) e rivaroxaban (Xarelto®).

In caso di imminente intervento chirurgico, discutere con il medico se sia meglio interrompere l’assunzione di acidi grassi omega-3 o ridurre la dose. Alcuni medici consigliano di sospendere l’impiego di questi preparati una o due settimane prima dell’operazione.

I flavonoidi prolungano la fase asintomatica

Meccanismo d’azione di curcumina, rutina e quercetina

Determinati flavonoidi raggiungono in quantità elevate l’intestino crasso, dove bloccano le infiammazioni e rafforzano i legami cellulari della mucosa intestinale. Inoltre, i batteri intestinali utilizzano i flavonoidi come fonte di sussistenza, influenzando positivamente la composizione della flora intestinale. In caso di malattie infiammatorie croniche intestinali si consiglia soprattutto la curcumina estratta da curcuma, la rutina e la quercetina.

La curcumina allevia diversi sintomi infiammatori nei pazienti con morbo di Crohn. Studi medici hanno dimostrato anche che i principi attivi mesalazina o sulfasalazina, combinati con la curcumina, possono mantenere più a lungo la fase asintomatica rispetto a una combinazione con placebo (sostituto inattivo). Gli studi con placebo rappresentano una prova molto significativa dell’efficacia di una ricerca.

Curcuma in polvere in una scodella e, accanto, in radice
La curcumina, estratta dalla curcuma, allevia diversi sintomi infiammatori. Immagine: bit245/iStock/Getty Images Plus

Dosaggio e consigli sull’assunzione

In caso di malattie infiammatorie croniche intestinali, i medici specializzati in micronutrienti consigliano di seguire un’alimentazione ricca di frutta e verdura. Una dose minima giornaliera di 300 milligrammi di determinati flavonoidi (ad esempio rutina e quercetina) esercita un effetto migliore sulla barriera intestinale e sulle infiammazioni rispetto a solo 10 milligrammi di flavonoidi generici.

Per favorire l’efficacia dei principi attivi mesalazina o sulfasalazina, i medici specializzati in micronutrienti consigliano di assumere ogni giorno da 1.500 a 2.000 milligrammi di curcumina.

Da considerare in caso di gravidanza e allattamento

Finora non sono stati condotti studi sufficienti a valutare gli eventuali effetti della curcumina, rutina e quercetina durante la gravidanza e l’allattamento. Per precauzione si dovrebbe dunque evitare di assumere flavonoidi oppure assumerli solo dopo aver consultato un medico.

Il loro apporto tramite l’alimentazione è sicuro. Le donne incinte che soffrono del morbo di Crohn o di colite ulcerosa devono mangiare molta frutta e verdura. La curcumina è estratta dalla radice della curcuma, mentre la rutina e la quercetina sono presenti ad esempio in tè, bacche, cipolle, capperi, erba cipollina e mele.

La glutammina rafforza la barriera intestinale

Meccanismo d’azione

Cucchiai dosatori con proteina, BCAA e creatina e capsule di omega-3 su un piano
La glutammina riduce la permeabilità batterica in seguito a danno intestinale. Immagine: vefimov/iStock/Getty Images Plus

La glutammina è un aminoacido che alimenta le cellule della mucosa dell’intestino tenue. È importante per la divisione cellulare e, quindi, per creare una barriera intestinale sana, che in sua assenza risulta più permeabile consentendo agli agenti patogeni, ma anche ai batteri intestinali, di raggiungere il sangue e causare o peggiorare le infiammazioni croniche.

La glutammina riduce la permeabilità batterica in seguito a danno intestinale. In un primo studio medico la glutammina ha ridotto la permeabilità dell’intestino nel 60 percento dei soggetti in studio colpiti da morbo di Crohn.

Dosaggio e consigli sull’assunzione

I medici consigliano di integrare qualsiasi trattamento, soprattutto in caso di decorso grave o di complicanze come la perdita di peso, con l’assunzione di 4.000-9.000 milligrammi al giorno di glutammina suddivisi in più dosi nell’arco della giornata.

Il momento migliore per assumerla è lontano dai pasti, perché altri aminoacidi introdotti con l’alimentazione possono ridurne l’assorbimento.

Gli antiossidanti aiutano ad evitare danni cellulari

Meccanismo d’azione

Le infiammazioni croniche aumentano la produzione di radicali liberi che causano stress ossidativo e distruggono a loro volta altre cellule della mucosa intestinale, favorendo la progressione della malattia.

In caso di morbo di Crohn o di colite ulcerosa è importante trovare il giusto equilibrio tra radicali liberi e antiossidanti, poiché i primi vengono catturati e neutralizzati dai secondi. Tra i principali antiossidanti ricordiamo le vitamine A, C ed E, lo zinco, il selenio e i flavonoidi, che riducono in modo comprovato l’azione dei radicali liberi in caso di malattie infiammatorie croniche intestinali.

Informazioni

Lo zinco è necessario anche per i processi di riparazione e per la divisione cellulare nell’intestino.

 

Dosaggio e consigli sull’assunzione

Tenere presente che si dovrebbe soddisfare almeno il fabbisogno giornaliero di antiossidanti, assumendo ad esempio 800 microgrammi di vitamina A, 100 milligrammi di vitamina C, da 50 a 30 milligrammi di vitamina E, da 10 a 20 milligrammi di zinco e 100 milligrammi di selenio. La dose di selenio può essere aumentata in caso di grave carenza. Tutte le informazioni sul selenio sono disponibili qui.

Si consiglia di scegliere un preparato che contenga il maggior numero possibile di antiossidanti diversi, perché hanno effetti benefici differenti e si sostengono reciprocamente. La vitamina C, ad esempio, consente alla vitamina E di ricostituirsi dopo aver intercettato i radicali liberi.

Vitamina A: da considerare in caso di gravidanza

Durante la gravidanza la vitamina A dovrebbe essere integrata solo in casi eccezionali, ad esempio per combattere una carenza accertata, e comunque sempre sotto controllo medico, poiché dosi giornaliere a partire da 3.000 microgrammi possono provocare malformazioni fetali. Si tratta di una dose facilmente raggiungibile, ad esempio consumando fegato o succhi di frutta ricchi di vitamina A.

In gravidanza è meglio ricorrere alla vitamina A nella forma del suo precursore, il beta-carotene, che viene trasformato dall’organismo in vitamina A solo se necessario e non è pericoloso per il nascituro.

Le vitamine del gruppo B partecipano ai processi riparatori nell’intestino

Meccanismo d’azione

Prodotti naturali come carne, avocado e uova
Le vitamine del gruppo B partecipano al metabolismo energetico e servono quindi a degradare l’omocisteina, un aminoacido che danneggia le cellule. Immagine: samael334/iStock/Getty Images Plus

Le vitamine del gruppo B sono fondamentali per avere una mucosa intestinale sana: sono coinvolte nel metabolismo energetico e sono necessarie per la divisone cellulare e per i processi di riparazione nell’intestino.

Inoltre, l’organismo necessita delle vitamine del gruppo B per degradare l’omocisteina nociva per le cellule. Uno studio osservazionale ha confermato che il 60 percento delle persone colpite da morbo di Crohn presenta un livello troppo elevato di omocisteina nel sangue (iperomocisteinemia). I ricercatori stanno ancora discutendo se l’omocisteina contribuisce allo sviluppo del cancro all’intestino in seguito a un’infiammazione cronica intestinale.

Dosaggio e consigli sull’assunzione

Fare attenzione a soddisfare sempre il fabbisogno di vitamine del gruppo B, ad esempio con 3-5 milligrammi di vitamina B1 e B2, 150 microgrammi di biotina, da 40 a 50 milligrammi di niacina e da 20 a 30 milligrammi di acido pantotenico.

In particolare, per ridurre il livello di omocisteina i medici specializzati in micronutrienti consigliano di assumere da 250 a 500 microgrammi di vitamina B12, da 400 a 600 microgrammi di acido folico e da 5 a 15 milligrammi di vitamina B6.

Consiglio

Oltre la metà delle persone ha un difetto genetico che impedisce di utilizzare correttamente l’acido folico per ridurre l’omocisteina: queste persone hanno una carenza dell’enzima in grado di trasformare l’acido folico nella sua forma attiva. Per ovviare a questo difetto genetico, sono obbligate ad assumere preparati a base di acido folico che contengano la forma attiva, ovvero l’acido 5-metiltetraidrofolico (5-MTHF).

Controllo dei livelli di omocisteina

In caso di morbo di Crohn e colite ulcerosa si consiglia di controllare i livelli di omocisteina nel sangue, che si misurano principalmente nel plasma, la parte liquida priva di cellule ematiche. I valori normali nel sangue sono inferiori a 10 micromoli per litro.

Dosaggi in breve

Dosi giornaliere di micronutrienti consigliate in presenza di malattie infiammatorie croniche intestinali

Vitamine

Vitamina D

almeno 2.000 unità internazionali (UI)

Vitamina A

800 microgrammi (µg)

Vitamina C

100 milligrammi (mg)

Vitamina E

da 50 a 30 milligrammi

Vitamina B1

da 3 a 5 milligrammi

Vitamina B2

da 3 a 5 milligrammi

Vitamina B6

da 5 a 15 milligrammi

Vitamina B12

da 250 a 500 microgrammi

Acido folico

da 400 a 600 microgrammi, nella forma attiva 5-MTHF

Biotina

150 microgrammi

Niacina

da 40 a 50 milligrammi

Acido pantotenico

da 20 a 30 milligrammi

Minerali

Zinco

da 10 a 20 milligrammi

Selenio

100 microgrammi

Flavonoidi

Curcumina

da 1.500 a 2.000 milligrammi

Flavonoidi, ad esempio rutina e quercetina

minimo 300 milligrammi

Altre sostanze nutritive

Amido resistente

da 20 a 30 grammi (g)

Lattobacilli e bifidobatteri o E. coli Nissle 1917

almeno 10 miliardi di unità formanti colonie (UFC)

Acidi grassi omega-3

2.000 milligrammi (con un contenuto di EPA il più elevato possibile)

Glutammina

da 6.000 a 9.000 milligrammi

Consiglio

Quasi tutte le persone colpite presentano una carenza di micronutrienti. Pertanto, i medici consigliano sempre di ricorrere a un preparato che contenga tutte le vitamine e i minerali. Oltre alle sostanze nutritive indicate nella tabella, sono importanti anche la vitamina K, il ferro, il calcio, il magnesio e il potassio.

Esami di laboratorio consigliati in breve

Esami di laboratorio consigliati in caso di malattie infiammatorie croniche intestinali

Valori normali

Esame delle feci

Composizione della flora intestinale: a seconda del laboratorio

Valore del pH: tra 6 e 7

Vitamina D

da 40 a 60 nanogrammi per millilitro (ng/ml)

Indice omega-3

dal 5 all’8 percento (meglio se superiore all’8 percento)

Omocisteina

meno di 10 micromoli per litro (µmol/l)

Classificazione

Sostegno ai farmaci tramite i micronutrienti

Gli aminosalicilati riducono il livello di acido folico nel sangue

I principi attivi mesalazina e sulfasalazina (ad esempio Argonal®, Pentasa® o Salazopyrin En®) possono causare una carenza di acido folico perché ne riducono l’assorbimento nell’intestino attraverso il blocco di un enzima necessario per la sua scissione.

Si consiglia di assumere ogni giorno 800 microgrammi di acido folico, in particolare se si assume la sulfasalazina con regolarità.

Informazioni

Le donne che desiderano avviare una gravidanza devono assumere una quantità sufficiente di acido folico, necessario per la formazione del sistema nervoso. Un’eventuale carenza può causare malformazioni, come ad esempio la spina bifida.

I glucocorticoidi (cortisone) danneggiano il metabolismo delle ossa

I glucocorticoidi bloccano l’assorbimento del calcio nell’intestino, privando le ossa del loro componente principale e causando un aumento del rischio di osteoporosi, in particolare in caso di terapie durature. Tra i glucocorticoidi rientrano i principi attivi prednisone (come Lodotran® e Deltacortene®), desametasone (ad esempio Capital®) o budesonide (Budiair® o Aircort®).

Uno studio della durata di cinque anni ha dimostrato che il calcio e la vitamina D migliorano la densità ossea dei soggetti con malattie infiammatorie croniche intestinali. Oltre al calcio, anche la vitamina D e, assolutamente, la vitamina K2 non dovrebbero mai mancare in una terapia di supporto a base di micronutrienti. La vitamina D regola infatti l’assorbimento del calcio nell’intestino, mentre la vitamina K2 garantisce che il calcio presente nel sangue si depositi nelle ossa. Si consiglia quindi di assumere ogni giorno 1.000 milligrammi di calcio e 150 microgrammi di vitamina K2. Inoltre, si dovrebbero assumere almeno 2.000 unità internazionali di vitamina D, anche se la dose corretta va determinata dopo aver effettuato un esame di laboratorio.

I glucocorticoidi aumentano anche l’eliminazione di vitamina C, magnesio e zinco, pertanto occorre assicurarsi di soddisfarne il fabbisogno assumendo, ad esempio, da 200 a 500 milligrammi di vitamina C, 300 milligrammi di magnesio e da 10 a 20 milligrammi di zinco al giorno.

Gli immunosoppressivi sono nemici di vitamine e minerali

Immunosoppressivi utilizzati di frequente sono l’azatioprina (Azafor®) e la ciclosporina (Ciqorin®). L’azatioprina danneggia il metabolismo delle vitamine del gruppo B, in particolare dell’acido folico e della vitamina B12. Gli esperti in micronutrienti consigliano di assumere ogni giorno da 200 a 800 microgrammi di acido folico e, in caso di carenza, 500 grammi di vitamina B12.

La ciclosporina aumenta invece l’eliminazione del magnesio. Per compensare il conseguente aumento del fabbisogno, i medici specializzati in micronutrienti consigliano di assumerne 300 milligrammi al giorno. Gli acidi grassi omega-3 riducono inoltre gli effetti collaterali della ciclosporina: la ciclosporina può danneggiare i reni e provocare un innalzamento della pressione o un aumento dei lipidi ematici. Si consiglia di assumere ogni giorno fino a 3.000 milligrammi di acidi grassi omega-3 con una percentuale elevata di EPA.

Dosaggi in breve

Dosi giornaliere di micronutrienti consigliate in presenza di MICI

Aminosalicilati (mesalazina e sulfasalazina)

Acido folico

800 microgrammi (µg), nella forma attiva 5-MTHF

Glucocorticoidi (cortisone)

Calcio

1.000 milligrammi (mg)

Vitamina D

da 2.000 a 4.000 unità internazionali (UI)

Vitamina K2

150 microgrammi

Vitamina C

da 200 a 500 milligrammi

Magnesio

300 milligrammi

Zinco

da 10 a 20 milligrammi

Immunsoppressivi

Azatioprina

Acido folico

da 200 a 800 microgrammi, nella forma attiva 5-MTHF

Vitamina B12

500 microgrammi

Ciclosporina

Magnesio

300 milligrammi

Acidi grassi omega-3

fino a 3.000 milligrammi (con un’elevata percentuale di EPA)

Classificazione

Riepilogo

Le infiammazioni croniche danneggiano la mucosa intestinale. La causa è probabilmente un danno alla barriera intestinale, che non è più in grado di trattenere i propri batteri. L’obiettivo della medicina dei micronutrienti è alleviare le infiammazioni e rafforzare l’intestino così da prolungare il più possibile la fase asintomatica.

L’amido resistente e i batteri intestinali buoni (probiotici) garantiscono il corretto equilibrio della flora intestinale e rafforzano la barriera dell’intestino. La vitamina D, invece, regola il sistema immunitario, mentre gli acidi grassi omega-3 a catena lunga, soprattutto l’EPA, hanno un effetto antinfiammatorio diretto. Anche i flavonoidi come la curcumina, la rutina e la quercetina alleviano le infiammazioni e supportano i farmaci contro il morbo di Crohn e la colite ulcerosa. La glutammina fornisce energia alle cellule intestinali, mentre gli antiossidanti e le vitamine B evitano ulteriori danni alle cellule nell’intestino.

I medici specializzati in micronutrienti consigliano quasi sempre un preparato multivitaminico, poiché molto spesso chi soffre di queste patologie è carente di diversi micronutrienti poiché le infiammazioni intestinali limitano l’assorbimento delle sostanze nutritive. Inoltre, i farmaci possono causare la carenza di altri micronutrienti.

Classificazione

Indice degli studi e delle fonti

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