Medicina dei micronutrienti e osteoporosi

Rallentare la perdita ossea con minerali e vitamine

L’osteoporosi è caratterizzata da un disturbo del metabolismo osseo che causa un calo della massa ossea più rapido di quello dovuto al normale processo di invecchiamento, con un aumento del rischio di fratture. La medicina dei micronutrienti contribuisce al mantenimento della densità ossea e migliora l’efficacia dei farmaci contro l’osteoporosi. Scoprite i minerali e le vitamine utili a supporto della terapia contro l’osteoporosi.

Donna anziana seduta con la figlia
L’osteoporosi colpisce in particolare le donne durante e dopo la menopausa a causa della riduzione fisiologica dei livelli degli estrogeni, gli ormoni che rallentano la perdita ossea con un’azione protettiva sullo scheletro. Immagine: KatarzynaBialasiewicz/iStock/Getty Images Plus

Cause e sintomi

Come si sviluppa l’osteoporosi e quali sono i suoi effetti?

L’osteoporosi è una malattia dell’apparato scheletrico caratterizzata da un disturbo del metabolismo delle ossa in cui la degradazione della sostanza ossea è più rapida della sua costituzione. Le ossa diventano così porose e più fragili. La perdita ossea è un processo naturale dell’invecchiamento, ma nell’osteoporosi si manifesta a livelli superiori alla media. I medici distinguono due tipi di osteoporosi:

Osteoporosi primaria: le sue cause sono quasi sempre da ricercare nella concomitanza di vari fattori di rischio:

  • Età avanzata
  • Predisposizione genetica
  • Sesso (le donne dopo la menopausa ne sono maggiormente colpite)
  • Mancanza di movimento, degenza a letto
  • Basso peso corporeo (i casi di sottopeso sono spesso associati a una carenza di estrogeni, con il conseguente disturbo del metabolismo osseo)
  • Alimentazione povera di calcio
  • Carenza di vitamina D, carenza di calcio
  • Fumo, consumo smodato di alcol
  • Intossicazione da metalli pesanti provocata dal cadmio

Informazioni

Gli estrogeni sono ormoni femminili che rallentano la perdita ossea. Il loro livello nell’organismo inizia a ridursi a partire dall’ultima mestruazione (menopausa), con un netto aumento del rischio di osteoporosi. Anche negli uomini il calo del testosterone influenza negativamente la struttura ossea, tuttavia in misura minore rispetto alle donne.

Osteoporosi secondaria: si manifesta come conseguenza diretta di una malattia e dell’assunzione di farmaci:

  • Malattie gastrointestinali: malattie infiammatorie croniche intestinali (ad esempio morbo di Crohn, colite ulcerosa), intolleranze alimentari (ad esempio celiachia)
  • Diabete mellito
  • Artrite reumatoide
  • Insufficienza cardiaca
  • Squilibri ormonali: eccesso di cortisolo (ipercortisolismo, sindrome di Cushing), ipertiroidismo, iperparatiroidismo
  • Determinati tipi di cancro e metastasi ossee in presenza di cancro
  • Assunzione di determinati farmaci (soprattutto cortisone; glucocorticoidi, corticosteroidi) per periodi prolungati (ad esempio prednisolone), ma anche glitazone, antidepressivi, antiepilettici, neurolettici (aloperidolo), inibitori della pompa protonica, antiestrogeni, diuretici dell’ansa

Segni dell’osteoporosi

Confronto tra un osso sano e uno colpito da osteoporosi
Con l’osteoporosi la densità ossea diminuisce. Le ossa sono interessate da un processo continuo di demolizione e rigenerazione, ma in presenza di osteoporosi la prima fase supera i livelli normali. Immagine: ttsz/iStock/Getty Images Plus

La degradazione della struttura ossea può essere accertata nella diagnostica di base con la misurazione della densità ossea, che viene confrontata dal medico con i valori di riferimento tipici per l’età del soggetto in esame.

In fase iniziale l’osteoporosi spesso non provoca disturbi, che compaiono in un secondo tempo e includono:

  • Dolori, ad esempio a ossa e articolazioni, quasi sempre mal di schiena
  • Modifiche posturali e deformazioni scheletriche: cifosi o lordosi, ginocchio varo o valgo
  • Riduzione della statura e tipiche pieghe cutanee sulla schiena
  • Fratture ossee senza cadute o incidenti: le ossa si fratturano a causa di sforzi più intensi o spontaneamente, senza influenze esterne.

Dopo il verificarsi delle prime fratture, i medici parlano di osteoporosi di grado 2. Nello stadio finale della malattia i pazienti possono necessitare di assistenza continua.

Classificazione

Obiettivi del trattamento

Qual è il trattamento classico dell’osteoporosi?

L’osteoporosi non si può curare, ma è possibile rallentare l’ulteriore degradazione della massa ossea prevenendo il peggioramento dei sintomi. A tal fine si ricorre alla combinazione di più misure:

  • Alimentazione: nelle linee guida delle associazioni mediche specializzate, l’apporto di calcio e vitamina D attraverso alimentazione ed integratori è elencato tra le terapie importanti. È inoltre opportuno evitare situazioni di sottopeso.
  • Attività fisica: la terapia del movimento (come esercizi di ginnastica) consente di mantenere la mobilità. Un’attività sportiva moderata con lievi sollecitazioni, come passeggiare, camminare o salire le scale, favorisce la conservazione della massa ossea, mentre l’assenza di stimoli ne accelera la disgregazione.
  • Farmaci: vari principi attivi possono impedire la perdita ossea o supportarne la costituzione. Quelli tradizionali includono i bifosfonati come l’acido alendronico (ad esempio Fosamax®), l’acido ibandronico (ad esempio Bondronat®), l’acido risedronico (ad esempio Actonel®) e l’acido zoledronico (ad esempio Aclasta®), mentre tra quelli più recenti si annoverano il raloxifene (ad esempio Evista® e Optruma®), il denosumab (ad esempio Prolia®), il ranelato di stronzio (ad esempio Osseor®), il paratormone 1-84 (ad esempio Preotact®) e la teriparatide (ad esempio Forsteo®).

Nell’osteoporosi secondaria viene trattata anche la malattia di base, eventualmente con la sospensione dei farmaci dannosi per le ossa.

Gli obiettivi della medicina dei micronutrienti

In presenza di osteoporosi la medicina dei micronutrienti si prefigge l’obiettivo di mantenere la massima quantità possibile di sostanza ossea. Il calcio e la vitamina D sono importanti componenti della terapia di base, così come molti altri minerali e vitamine che partecipano al metabolismo osseo ma vengono spesso relegati in secondo piano. Per la salute delle ossa l’organismo ha bisogno di:

  • Calcio come sostanza costitutiva delle ossa
  • Vitamina D per l’assorbimento del calcio dall’intestino
  • Vitamina K2 per il deposito del calcio nelle ossa
  • Magnesio, boro, manganese, rame e zinco per il metabolismo osseo
  • Isoflavoni in sostituzione degli estrogeni nelle donne dopo la menopausa
  • Vitamine del gruppo B contro l’omocisteina dannosa per le ossa

La vitamina D e la vitamina K possono inoltre aumentare l’efficacia dei farmaci contro l’osteoporosi.

Informazioni

Con una diagnosi di osteoporosi il servizio sanitario nazionale si assume i costi di una terapia integrativa a base di calcio e vitamina D, in ogni caso solo dopo il verificarsi delle prime fratture (osteoporosi di grado 2). Un apporto corretto di calcio e vitamina D è però già importante a priori, per evitare del tutto le fratture ossee provocate dall’osteoporosi. I preparati mutuabili inoltre non contengono altri micronutrienti efficaci per la salute delle ossa. Anche la vitamina K2 è indispensabile per le ossa e non dovrebbe mai mancare.

Classificazione
Due persone anziane che camminano nel bosco
L’osteoporosi si previene non solo con il corretto apporto di micronutrienti, ma anche praticando sufficiente attività fisica, perché le ossa mantengono la solidità richiesta dalle occupazioni quotidiane. Le forze fisiche generate dal movimento sollecitano l’apparato scheletrico, facendone aumentare la stabilità. Immagine: monkeybusinessimages/iStock/Getty Images Plus
Classificazione

Trattamento con i micronutrienti

Calcio: indispensabile per l’apparato scheletrico

Meccanismo d’azione del calcio

Il calcio è il componente principale delle ossa. In caso di carenza, l’organismo lo preleva dalle ossa per mantenerne costante il livello nel sangue.

Informazioni

Il calcio viene rilasciato dalle ossa per azione delle ghiandole paratiroidi, che secernono una quantità maggiore di paratormone, con la conseguente comparsa nel lungo termine di iperparatiroidismo (iperparatiroidismo secondario, HPT). L’HPT svolge un ruolo importante nell’insorgenza dell’osteoporosi in presenza di una carenza di calcio e vitamina D.

Di conseguenza le ossa perdono solidità e si piegano, arrivando a fratturarsi nei casi estremi. Un apporto insufficiente di calcio rappresenta pertanto un fattore di rischio per osteoporosi e fratture ossee, come dimostrato dalla valutazione di più studi di alto livello. Le fratture sono più frequenti se l’apporto di calcio è inferiore a 500 milligrammi al giorno. L’assunzione di calcio e vitamina D può ridurre il tasso di fratture, soprattutto tra gli ospiti di case di riposo e di cura.

Nelle linee guida ufficiali italiane ed europee il calcio viene espressamente raccomandato nella terapia per l’osteoporosi. Il calcio dovrebbe essere fornito preferibilmente con gli alimenti o, qualora la dieta ne sia povera, con integratori adeguati.

Il calcio è inoltre importante per la trasmissione degli impulsi che regolano la contrazione e il rilassamento dei muscoli. L’interazione di muscoli e ossa, nonché di legamenti e articolazioni, riduce le cadute e, di conseguenza, anche il pericolo di fratture. Il calcio contribuisce pertanto in molti modi ad arrestare l’avanzare dell’osteoporosi.

Dosaggio e consigli sull’assunzione del calcio

Diversi prodotti lattiero-caseari su un tavolo
Nelle donne di mezza età l’apporto di calcio si mantiene ancora sui livelli raccomandati, per scendere al di sotto della soglia minima in più della metà della popolazione femminile con l’invecchiamento. Per questo i medici specializzati in micronutrienti consigliano l’assunzione di preparati a base di calcio, possibilmente contenenti anche vitamina D e vitamina K2. Immagine: istetiana/iStock/Getty Images Plus

Le linee guida consigliano da 700 a 1.200 milligrammi di calcio al giorno, considerando anche la quantità introdotta con gli alimenti come latte e formaggio, che in media è pari a 964 milligrammi al giorno nelle donne. A partire dai 50 anni l’apporto di calcio cala costantemente, così che il 65 percento delle donne meno giovani ne assume quotidianamente meno di 1.000 milligrammi. Per questo i medici specializzati in micronutrienti consigliano alle donne in questa fascia di età l’impiego di un integratore che ne contenga ad esempio 500 milligrammi.

I preparati a base di calcio andrebbero assunti sempre insieme ai pasti, con dosi singole non superiori a 500 milligrammi. Quantità superiori vanno distribuite nel corso della giornata, ad esempio mattina e sera, in ogni caso senza superare i 2.000 milligrammi al giorno.

Consiglio

Particolarmente efficaci si sono rivelati i preparati di alghe a base di calcio in combinazione con attività fisica, vitamine D e K2. Il calcio ricavato dalle alghe contiene infatti altri minerali importanti per le ossa, come il boro e il magnesio. Secondo i risultati di uno studio, i soggetti che avevano assunto preparati a base di calcio prodotti dalle alghe per un periodo compreso tra 1 e 7 anni presentavano valori di densità ossea migliori dei partecipanti che non ne avevano fatto uso. La particolarità dello studio risiede nel fatto che è stato ottenuto un aumento della densità ossea con l’impiego di calcio estratto dalle alghe. La maggior parte degli studi mostra invece un rallentamento nel calo della densità ossea con l’assunzione del calcio comune.

Determinazione dei livelli di calcio in laboratorio

Un esame del sangue non è sufficiente a determinare l’effettivo apporto di calcio, poiché i suoi livelli ematici sono rigidamente regolati dall’organismo, che lo prende dalle ossa. Per questo si ricorre alla misurazione della densità ossea (osteodensitometria).

Un esame del sangue consente però di individuare casi di sovradosaggio, ad esempio dovuti all’assunzione prolungata di oltre 2.000 milligrammi di calcio al giorno o in presenza di malattie. I valori limite sono compresi tra 2,2 e 2,65 millimoli per litro di plasma (parte liquida del sangue).

Nei soggetti con calcoli renali contenenti calcio è consigliabile controllare l’escrezione del minerale nell’urina, perché livelli troppo elevati favoriscono la litiasi. La quantità di calcio viene in questo caso rilevata nell’urina raccolta nell’arco di 24 ore. I valori normali sono inferiori a 7,5 millimoli di calcio negli uomini e inferiori a 6,2 millimoli nelle donne.

Calcio: da considerare in caso di malattie renali e assunzione di farmaci

Calcoli e malattie renali: in alcune persone l’assunzione di calcio e vitamina D può favorire la formazione di nuovi calcoli renali, pertanto deve essere preventivamente discussa con il medico, in grado di soppesare vantaggi e svantaggi ed eseguire adeguate analisi di laboratorio a garanzia della sicurezza del paziente.

Anche i soggetti nefropatici e dializzati devono richiedere il parere del medico e prestare la massima attenzione all’impiego del calcio, che i reni malati non riescono ad eliminare correttamente.

Ipercalcemia: il calcio non dovrebbe essere assunto se già presente a livelli oltre la norma (ipercalcemia), come in caso di iperparatiroidismo (ad esempio per carcinomi paratiroidei), metastasi ossee e tumore del midollo osseo (mieloma multiplo). Valori elevati di calcio si registrano anche in presenza di sarcoidosi, una malattia infiammatoria del tessuto connettivo.

Farmaci: il calcio riduce l’assorbimento di farmaci come i bifosfonati impiegati nella terapia dell’osteoporosi (ad esempio Fosamax®, Bondronat®, Didronel®, Skelid®), che devono pertanto essere assunti a distanza di due-tre ore. Lo stesso vale per alcuni antibiotici (ad esempio Ambramicina®, Efracea®, Ceflaclor®, Amoxil®) nonché per gli ormoni tiroidei (Tirosint®, Letrox®, Eutirox®).

L’escrezione del calcio attraverso i reni viene ridotta da alcuni farmaci antipertensivi e diuretici, tra cui i cosiddetti tiazidici (ad esempio Esidrex®), che se assunti assieme ad integratori di calcio possono provocarne un aumento eccessivo dei valori ematici. Una situazione analoga può verificarsi con i farmaci a base di litio. È dunque opportuno consultare preventivamente il proprio medico. Un superamento dei valori limite è possibile anche con la regolare assunzione di preparati a base di calcio contro i bruciori di stomaco (antiacidi con carbonato di calcio).

La vitamina D assicura l’assorbimento del calcio

Meccanismo d’azione della vitamina D

La vitamina D aumenta l’assorbimento del calcio nell’intestino e per questo è indispensabile per la stabilità delle ossa. La sua presenza negli alimenti è però scarsa e l’organismo la deve produrre autonomamente nella cute per effetto dei raggi solari. La modesta irradiazione tra ottobre e aprile provoca però molti casi di carenza. Inoltre, il calo della produzione endogena dettato dall’invecchiamento ne rende opportuna l’integrazione, soprattutto con l’avanzare dell’età.

Questa tesi è sostenuta anche dalla valutazione di vari studi con oltre 30.000 partecipanti anziani, in cui il rischio di fratture ossee è stato ridotto del 15 percento con l’assunzione combinata di vitamina D e calcio. La vitamina D da sola non sembra invece avere lo stesso effetto protettivo, secondo i risultati di un altro lavoro di revisione con 92.000 partecipanti, che anche in questo caso hanno beneficiato dall’impiego congiunto di vitamina D e calcio, la cui importanza viene sottolineata anche nelle linee guida ufficiali per il trattamento dell’osteoporosi.

Dosaggio e consigli sull’assunzione della vitamina D

Le linee guida prescrivono dosi di vitamina D comprese tra 800 e 1.000 unità internazionali. Fino a 2.000 unità internazionali sono invece consigliate nelle persone che hanno già subito fratture ossee. Tuttavia, l’ideale sarebbe misurare il livello di vitamina D in laboratorio, aumentando la quantità per risolvere un’eventuale di carenza.  

Informazioni

Una carenza accertata di vitamina D può richiedere l’assunzione di dosi fino a 20.000 unità internazionali per una o due settimane sotto controllo medico. Le terapie ad alto dosaggio, ad esempio con 500.000 unità internazionali di vitamina D somministrate in una sola volta, annullano invece l’effetto positivo, con un aumento del rischio di cadute e fratture ossee.

La vitamina D è liposolubile e pertanto dovrebbe essere assunta insieme ai pasti, perché i grassi presenti negli alimenti ne favoriscono l’assorbimento nell’intestino.

Determinazione dei livelli di vitamina D in laboratorio

Donna che si gode il sole in un parco
La scarsa irradiazione solare dei mesi invernali e il poco tempo trascorso all’aperto provocano in molte persone una carenza di vitamina D, che può essere risolta adeguatamente dopo aver misurato i valori ematici. Se questi non sono noti, è possibile assumere da 800 a 1.000 unità internazionali al giorno, che tuttavia non sufficienti a compensare un forte deficit. Immagine: michaeljung/iStock/Getty Images Plus

In presenza di osteoporosi si consiglia di controllare regolarmente il livello di vitamina D, preferibilmente due volte l’anno, con la rilevazione della sua forma di trasporto (vitamina D 25(OH) o calcidiolo) nel siero, la componente liquida del sangue priva di cellule ematiche. Il valore ottimale della vitamina D è compreso tra 40 e 60 nanogrammi per millilitro.

Vitamina D: da considerare in caso di assunzione di farmaci e malattie

Alcuni diuretici (tiazidici) riducono l’escrezione renale del calcio, che rimane così nel sangue, pertanto andrebbero assunti con la vitamina D, che a sua volta aumenta il livello ematico del minerale, solo sotto stretto controllo dei suoi valori. Tra i diuretici tiazidici figurano l’idroclorotiazide (Idroclorotiazide®, Esidrex®), l’indapamide (Damide®, Ipamix®) e la xipamide (Aquafor®, Neotri®).

Le persone affette da nefropatie (insufficienza renale) hanno spesso una carenza di vitamina D, che dovrebbe essere compensata sempre e solo sotto controllo medico. La vitamina D aumenta infatti l’assorbimento del calcio, che i reni malati spesso non sono in grado di eliminare adeguatamente. Anche chi soffre di calcoli renali contenenti calcio dovrebbe ponderarne l’assunzione con il proprio medico. In alcuni soggetti l’impiego concomitante di vitamina D e calcio può favorire le recidive.

La vitamina D non dovrebbe essere assunta in caso di sarcoidosi (malattia di Boeck), una malattia infiammatoria del tessuto connettivo in cui i pazienti presentano spesso un elevato livello di calcio nel sangue.

La vitamina K porta il calcio a destinazione

Meccanismo d’azione della vitamina K

Anche la vitamina K è importante per la salute delle ossa, poiché assicura il deposito del calcio nelle ossa e il rallentamento della perdita ossea. Secondo i risultati di vari studi osservazionali, una carenza di vitamina K può aumentare il rischio di osteoporosi e fratture ossee. Particolarmente consigliato è l’impiego del suo sottotipo K2 (come MK-7), che rimane più a lungo nel sangue rispetto alla vitamina K1, con un aumento della sua efficacia sulle ossa.

L’assunzione della vitamina K2 può contribuire a ridurre la perdita di massa ossea, come indicato da due studi di alto livello condotti su donne in menopausa. Il successo è documentato inoltre dalla valutazione di più studi, in cui l’impiego della vitamina K sotto forma di vitamina K2 e K1 ha ridotto il rischio di fratture ossee. In uno studio preliminare le vitamine K2 e K1 sono inoltre riuscite a potenziare l’effetto positivo del calcio e della vitamina D sul metabolismo osseo. La combinazione ha addirittura favorito l’aumento della densità ossea della colonna lombare. Studi di più ampia portata devono ora verificarne l’eventuale efficacia su tutte le persone.

Dosaggio e consigli sull’assunzione della vitamina K

Donna che assume preparati con vitamina K
La vitamina K2 è particolarmente importante per le ossa, perché rimane più a lungo nel sangue e, dunque, ha un’efficacia di maggiore durata. La vitamina K2 è piuttosto rara negli alimenti e per questo gli esperti consigliano l’assunzione di preparati che la contengano, assieme a calcio e vitamina D. Immagine: diego_cervo/iStock/Getty Images Plus

In caso di osteoporosi la medicina dei micronutrienti prescrive da 60 a 240 microgrammi di vitamina K al giorno, possibilmente sotto forma di vitamina K2 (MK-7). Alcuni studi hanno impiegato addirittura dosi nettamente superiori, che andrebbero in ogni caso assunte solo sotto controllo medico.

La vitamina K è liposolubile e per questo deve essere assunta insieme ai pasti, perché i grassi contenuti negli alimenti ne assicurano un buon assorbimento nell’intestino.

Informazioni

Assunzione combinata di vitamina K, vitamina D e calcio per la salute delle ossa: la possibile capacità del calcio e della vitamina D di aumentare il rischio di arteriosclerosi è stata oggetto di discussione. Il calcio può accumularsi erroneamente nei vasi sanguigni anziché nelle ossa, ma molti studi documentano la sicurezza del suo impiego. Per non correre rischi, calcio e vitamina D andrebbero assunti assieme alla vitamina K2, che assicura il deposito del minerale nelle ossa.

Vitamina K: da considerare in caso di assunzione di farmaci

La vitamina K può interagire con determinati anticoagulanti, tra cui le cumarine con i principi attivi fenprocumone e warfarin (Coumadin®). La sua assunzione assieme a questi farmaci può essere consentita, ma deve essere preventivamente discussa con il medico curante. I criteri da osservare sono indicati nell’articolo sulla vitamina K.

Altri minerali indispensabili per la salute delle ossa

Meccanismo d’azione di magnesio, boro, manganese, rame e zinco

La medicina dei micronutrienti prevede l’impiego di altri minerali importanti per la salute delle ossa, che favoriscono in vario modo:

L’organismo ha bisogno di magnesio, per attivare, immagazzinare e trasportare la vitamina D. Livelli di magnesio ridotti contribuiscono alla comparsa dell’osteoporosi, come documentato da diversi studi osservazionali, mentre un suo apporto in quantità superiori riduce il rischio di fratture in presenza della malattia, secondo i dati di uno studio osservazionale che ha coinvolto oltre 3.000 persone.

Il boro influisce in vari modi sul trattamento dell’osteoporosi, sia riducendo le perdite di calcio attraverso i reni sia partecipando alla produzione di vitamina D da parte dell’organismo. La vitamina D stimola a sua volta la produzione di proteine che rafforzano la costituzione ossea. Negli esperimenti sugli animali il boro ha svolto un’azione positiva sulla massa ossea e contrastato la sua diminuzione.

Anche livelli ridotti di manganese potrebbero avere un peso nell’osteoporosi. Questa supposizione non ha finora trovato una conferma scientifica, ma uno studio preliminare su donne in menopausa ha mostrato come l’assunzione combinata di manganese, rame e zinco unitamente al calcio fosse maggiormente efficace nel ritardare la disgregazione della massa ossea rispetto all’impiego del solo calcio. Non è tuttavia chiaro in che misura il manganese o gli altri minerali abbiano contribuito a tale miglioramento. 

Dosaggio e consigli sull’assunzione di magnesio, boro, manganese, rame e zinco

I minerali magnesio, boro, manganese, rame e zinco dovrebbero essere essenzialmente assunti nella loro forma basica, ovvero come citrati, per prevenire un’eventuale acidosi.

Si consigliano le seguenti dosi:

  • da 300 a 800 milligrammi di magnesio
  • 3 milligrammi di boro
  • da 5 a 15 milligrammi di manganese
  • da 1 a 3 milligrammi di rame  
  • da 10 a 30 milligrammi di zinco

L’assunzione insieme ai pasti ne migliora la tollerabilità gastrica. Dosi di magnesio superiori a 300 milligrammi possono causare innocui episodi di diarrea nei soggetti sensibili e vanno eventualmente suddivise in più porzioni. L’assunzione prolungata di quantità oltre i 250 milligrammi deve essere preventivamente discussa con il medico.

Determinazione dei livelli di magnesio in laboratorio

In presenza di osteoporosi è opportuno assicurare livelli ottimali di magnesio, perché valori troppo bassi o eccessivi sono dannosi per le ossa. Il magnesio è presente nell’organismo soprattutto nelle cellule. I globuli rossi ne contengono il triplo rispetto al siero, per questo i suoi livelli dovrebbero essere determinati da un medico nel sangue intero, completo di eritrociti. Sono considerati normali valori nel sangue intero compresi tra 1,38 e 1,5 millimoli per litro.

Minerali: da considerare in caso di assunzione di farmaci e malattie

I minerali si possono legare ad antibiotici e farmaci contro l’osteoporosi (bifosfonati), rendendoli inefficaci. Si consiglia pertanto di rispettare un intervallo di somministrazione di almeno due ore. Tra i medicinali interessati figurano ad esempio:

  • Inibitori della DNA girasi: ciprofloxacina (ad es. Ciperus®, Ciprofloxacina Pfizer®), enoxacina (ad es. Enoxen®), levofloxacina (ad es. Tavanic®), moxifloxacina (ad es. Avalox®), norfloxacina (ad es. Naflox®) e ofloxacina (ad es. Oflocin®, Exocin®)
  • Tetracicline: tetraciclina (ad es. Ambramicina®), doxiciclina (ad es. Efracea®, Ligosan®), minociclina (ad es. Minotek®, Minocin®)
  • Bifosfonati: acido alendronico (ad es. Fosamax®, Adronat®), acido clodronico (ad es. Clodron®), acido etidronico (ad es. Etidron®), acido ibandronico (Bondronat®), acido pamidronico (Texpami®), acido risedronico (Actonel®) e acido tiludronico (Tildren®).

In presenza di insufficienza renale cronica o altre nefropatie non si dovrebbero assumere integratori di minerali, che non vengono escreti correttamente e potrebbero accumularsi nel sangue.

In menopausa: gli isoflavoni della soia e del trifoglio in sostituzione degli estrogeni

Meccanismo d’azione degli isoflavoni

Pianta di soia con veri fagioli di soia
Gli isoflavoni, presenti ad esempio nei fagioli di soia, svolgono nell’organismo un’azione simile a quella degli estrogeni e per questo hanno effetti positivi sulle donne in menopausa. Immagine: eAlisa/iStock/Getty Images Plus

Nella menopausa il calo dei livelli estrogenici accelera la perdita ossea nelle donne. Gli isoflavoni vegetali della soia o del trifoglio possono contrastare questo fenomeno poiché la loro azione nell’organismo è simile a quella degli estrogeni: attivano i recettori degli estrogeni, favorendo il deposito del calcio nelle ossa e riuscendo così a sostituire, almeno parzialmente, l’effetto protettivo degli ormoni dopo l’ultimo ciclo mestruale.

Un lavoro di revisione di più studi preliminari su donne con osteoporosi mostra come l’assunzione di isoflavoni possa aumentare la densità ossea di oltre il 50 percento. Questi dati sono confermati anche da un’altra valutazione con un totale di 1.240 donne in menopausa, in cui le partecipanti hanno assunto tra 47 e 150 milligrammi di isoflavoni estratti dai fagioli di soia per un periodo compreso tra sei e dodici mesi, al termine dei quali si è registrato un miglioramento della densità ossea nell’area della colonna lombare in confronto ai soggetti non trattati con i fitormoni.

Le promettenti proprietà degli isoflavoni nella protezione dell’apparato scheletrico devono tuttavia essere confermate da ulteriori studi di alto livello. Non è infatti ancora chiaro, ad esempio, se il loro effetto sia identico su tutte le ossa e quale sia il dosaggio più indicato. Mancano ancora studi a lungo termine sulla somministrazione di dosi di 150 milligrammi.

Dosaggio e consigli sull’assunzione degli isoflavoni

In caso di osteoporosi si consigliano da 35 a 70 milligrammi di isoflavoni al giorno, soprattutto alle donne in menopausa. Le capsule andrebbero assunte insieme ai pasti, poiché risultano più tollerabili che a digiuno.

Consiglio

I preparati di alta qualità contengono isoflavoni da estratto di soia o trifoglio, che riporta sempre con precisione la quantità di isoflavoni. Nei prodotti in polvere o nei fagioli di soia il contenuto può invece variare e non permette di sapere con certezza la quantità di isoflavoni assunta.

Isoflavoni: da considerare in caso di malattie e assunzione di farmaci

Le donne già colpite da cancro al seno non dovrebbero assumere isoflavoni, che per la loro azione simile a quella degli estrogeni potrebbero aumentare il rischio di recidive di forme tumorali di origine ormonale. Lo stesso vale in caso di predisposizione genetica a determinate malattie.

Anche i soggetti allergici al polline di betulla devono prestare attenzione, perché reagiscono spesso anche ai prodotti contenenti soia a causa di un’eventuale allergia incrociata.

Gli isoflavoni contrastano l’effetto di medicinali antiestrogeni come il farmaco antitumorale tamoxifene (Kessar®, Nomafen®, Nolvadex®, Sertam®), di cui si sconsiglia pertanto l’assunzione concomitante.

Gli isoflavoni estratti dalla soia possono inoltre compromettere l’assorbimento della levotiroxina (ad esempio Eutirox®) nell’intestino, riducendone l’efficacia. L’assunzione degli isoflavoni può eventualmente comportare l’adeguamento delle dosi dei farmaci da parte del medico.

Ridurre l’omocisteina per evitare danni a ossa e vasi

Effetti di un livello troppo elevato di omocisteina

L’omocisteina è una sostanza nociva per le cellule che danneggia non solo le pareti dei vasi, ma anche le ossa: valori nel plasma oltre la norma vengono associati a un maggior numero di fratture in presenza di osteoporosi, anche se il meccanismo preciso non è stato ancora chiarito. L’associazione delle società di osteologia individua nei valori elevati di omocisteina una possibile causa dell’osteoporosi.

In un grande studio osservazionale i ricercatori hanno confrontato l’entità dei valori dell’omocisteina con il rischio di frattura delle ossa del bacino in donne e uomini. Nel gruppo con i valori più alti il rischio era quasi quadruplo per gli uomini e quasi doppio per le donne rispetto ai partecipanti con i valori più bassi. Anche un lavoro di revisione di più studi con il coinvolgimento di oltre 11.000 persone conferma l’aumento della probabilità di fratture del collo del femore o di corpi vertebrali al salire dei valori dell’omocisteina.

Per scomporre l’omocisteina in sostanze non nocive, l’organismo necessita di acido folico, vitamina B2, vitamina B6 e vitamina B12. Valori di omocisteina elevati possono dunque essere ridotti con l’assunzione delle vitamine del gruppo B, la cui azione protettiva sulle ossa è stata documentata da uno studio di alto livello in cui i partecipanti che hanno assunto vitamina B12 e acido folico hanno fatto registrare un rischio inferiore di fratture all’anca rispetto ai pazienti trattati con il placebo.

La reale efficacia delle vitamine del gruppo B nell’aumento della densità ossea è tuttavia controversa, anche per via dei risultati di un grande studio di alta qualità, in cui tale effetto è stato osservato solo in alcuni dei partecipanti. I benefici maggiori sono stati riportati dalle donne di età superiore a 80 anni che avevano assunto con regolarità i preparati vitaminici. In atri studi non è invece stato osservato alcun effetto sulla densità ossea. Si suppone che l’apporto a lungo termine delle vitamine del gruppo B sia determinante per la loro efficacia e che siano le donne con carenze vitaminiche ed elevati valori di omocisteina a beneficiarne maggiormente.

Anche se l’azione delle vitamine del gruppo B sulla salute delle ossa non è ancora del tutto chiara, il loro corretto apporto è estremamente utile per evitare livelli di omocisteina oltre la norma.

Vitamine del gruppo B: dosaggio e consigli sull’assunzione in caso di livelli elevati di omocisteina

Per ridurre i livelli di omocisteina i medici specializzati in micronutrienti consigliano di assumere ogni giorno:

  • da 1 a 5 milligrammi di vitamina B2
  • da 5 a 15 milligrammi di vitamina B6
  • da 200 a 600 microgrammi di acido folico sotto forma di acido 5-metiltetraidrofolico (5-MTHF)
  • da 10 a 500 microgrammi di vitamina B12 sotto forma di metilcobalamina

Le vitamine del gruppo B andrebbero assunte insieme ai pasti per aumentarne la tollerabilità gastrica.

Consiglio

Alcune persone non riescono ad attivare l’acido folico a causa di una mutazione genetica. Le donne che presentano questa condizione sono esposte a un rischio maggiore di sviluppare l’osteoporosi. Per questo l’acido folico andrebbe assunto nella sua forma attiva acido 5-metiltetraidrofolico (5-MTHF), che consente di aggirare la mutazione genetica.

Determinazione dei livelli di omocisteina in laboratorio

Test ematico dell’omocisteina
In caso di osteoporosi è opportuno verificare i livelli di omocisteina, un prodotto metabolico che, in quantità eccessive, è dannoso per le cellule e, quindi, anche per le ossa. L’assunzione mirata delle vitamine del gruppo B consente di ridurre i valori dell’omocisteina. Immagine: jarun011/iStock/Getty Images Plus

In caso di osteoporosi è opportuno controllare il valore dell’omocisteina, in grado di peggiorare lo stato delle ossa se presente nell’organismo in quantità elevate. L’omocisteina viene misurata nel plasma, la parte liquida del sangue priva di cellule ematiche, e i suoi valori normali sono compresi tra 5 e 9 micromoli per litro, mentre quantità superiori a 10 micromoli per litro indicano un’iperomocisteinemia, ovvero un eccesso di omocisteina nel sangue.

Vitamine del gruppo B: da considerare in caso di gravidanza, allattamento, malattie e assunzione di farmaci

Le dosi delle vitamine B2, B6 e B12 durante la gravidanza e l’allattamento dovrebbero essere definite dal ginecologo. Le quantità consigliate sono opportune solo in caso di carenza accertata.

In assenza di dati sperimentali sufficienti sulla loro azione, dopo un infarto cardiaco o l’impianto di stent non si dovrebbero assumere dosi elevate di vitamine del gruppo B.

A dosi elevate (oltre i 5 milligrammi al giorno), la vitamina B6 può ridurre l’effetto dei farmaci antiepilettici (come il fenobarbital [Luminale®] e la fenitoina [Aurantin®, Dintoina®]) nonché dei farmaci contro il Parkinson (come la levodopa [Duodopa®]). Pertanto, questi principi attivi non devono essere assunti insieme alla vitamina B6.

Dosaggi in breve

Dosi giornaliere consigliate in caso di osteoporosi

 

Vitamine

Vitamina D

da 800 a 1.000 unità internazionali (UI)

Vitamina K2

da 60 a 240 microgrammi (µg)

Vitamina B2

da 1 a 5 milligrammi (mg)

Vitamina B6

da 5 a 15 milligrammi

Acido folico

da 200 a 600 microgrammi sotto forma di acido 5-metiltetraidrofolico (5-MTHF)

Vitamina B12

da 10 a 500 microgrammi sotto forma di metilcobalamina

  
 

Minerali

Calcio

da 700 a 1.200 milligrammi

Magnesio

da 300 a 800 milligrammi; a lungo termine senza parere medico: 250 milligrammi

Boro

3 milligrammi

Manganese

da 5 a 15 milligrammi

Rame

da 1 a 3 milligrammi

Zinco

da 10 a 30 milligrammi

  
 

Flavonoidi

Isoflavoni

da 35 a 70 milligrammi

Esami di laboratorio consigliati in breve

Esami di laboratorio consigliati in caso di osteoporosi

 

Valori normali

Calcio

Plasma

Urina delle 24 ore

 

tra 2,2 e 2,65 millimoli per litro (mmol/l)

Uomini: inferiore a 7,5 millimoli

Donne: inferiore a 6,2 millimoli

Vitamina D

da 40 a 60 nanogrammi per millilitro (ng/ml)

Omocisteina

tra 5 e 9 micromoli per litro (µmol/l)

Classificazione

Sostegno ai farmaci tramite i micronutrienti

Le vitamine K e D migliorano l’efficacia dei bifosfonati

I primi studi mostrano che i bifosfonati impiegati nel trattamento dell’osteoporosi apportano risultati migliori se combinati con la vitamina K2, soprattutto nei soggetti carenti di vitamina K. Si consigliano dunque da 50 a 200 microgrammi di vitamina K2 al giorno assieme ai bifosfonati, che includono l’acido alendronico (ad esempio Fosamax®), l’acido ibandronico (ad esempio Bondronat®), l’acido risedronico (ad esempio Actonel®) e l’acido zoledronico (ad esempio Aclasta®).

Anche la vitamina D supporta l’azione dei bifosfonati e sembra addirittura in grado di ridurre possibili effetti collaterali, come le fratture ossee. Uno studio osservazionale ha preso in esame oltre 1.500 donne in menopausa interessate da osteoporosi e trattate con i bifosfonati acido alendronico, acido risedronico o raloxifene, giungendo alla conclusione che un corretto apporto di vitamina D è necessario ad assicurare gli effetti positivi di tali farmaci sulla densità ossea. Livelli bassi fanno invece aumentare il rischio di fratture ossee.

Pertanto, è opportuno controllare lo stato della vitamina D una o due volte l’anno, eventualmente integrandola con le dosi definite dal medico o con quelle generalmente raccomandate, pari a 800-1.000 unità internazionali al giorno.

Informazioni

I bifosfonati usati nella terapia dell’osteoporosi contengono spesso vitamina D, tuttavia in dosi troppo ridotte.

Dosaggi in breve

Dosi giornaliere consigliate dalla medicina dei micronutrienti in caso di assunzione di farmaci

Vitamina K2

da 50 a 200 microgrammi (µg)

Vitamina D

da 800 a 1.000 unità internazionali (UI)

Farmacista che prende medicinali da un armadio
Anche la terapia farmacologica per l’osteoporosi può essere supportata dall’assunzione di micronutrienti, tra cui le vitamine D e K2. Immagine: MJ_Prototype/iStock/Getty Images Plus
Classificazione

Riepilogo

L’osteoporosi è caratterizzata da un disturbo del metabolismo osseo che provoca una degradazione della sostanza ossea più rapida di quella ascrivibile all’invecchiamento. La medicina dei micronutrienti può contribuire a migliorare la sostanza ossea in presenza di osteoporosi. Il calcio è il componente principale delle ossa. La vitamina D è necessaria per l’assorbimento di quantità sufficienti di calcio dall’intestino. Anche la vitamina K2 è importante, perché favorisce il deposito del calcio nelle ossa. Altri minerali che svolgono un’azione rilevante per la salute delle ossa sono magnesio, boro, manganese, rame e zinco.

Particolarmente colpite dall’osteoporosi sono le donne in menopausa a causa dell’abbassamento dei livelli di estrogeni. Gli isoflavoni hanno un’azione simile a quella di questi ormoni e possono dunque incrementare la densità ossea. Varie vitamine del gruppo B, tra cui l’acido folico, contribuiscono inoltre alla riduzione dei valori dell’omocisteina, che se troppo elevati influiscono negativamente sulla salute delle ossa.

La vitamina D e la vitamina K2 possono inoltre supportare l’azione dei farmaci contro l’osteoporosi (bifosfonati) e dovrebbero sempre essere incluse nella terapia.

Classificazione

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