Malattia di Parkinson: un tremito che non è di paura

Come supportare il trattamento del Parkinson con vitamine, flavonoidi e acidi grassi

Il Parkinson è una malattia neurologica che colpisce midollo spinale e cervello provocando disturbi del movimento e tremori incontrollati. La malattia è incurabile, ma esistono terapie per il suo trattamento. Scoprite come vitamine, flavonoidi e acidi grassi possono alleviare i disturbi del Parkinson e supportare la terapia farmacologica.

Medico che tiene la mano di un paziente con Parkinson
Il Parkinson è caratterizzato da una carenza del neurotrasmettitore dopamina, responsabile della regolazione del movimento. Per questo la malattia si manifesta, ad esempio, con tremore alle mani. Immagine: Pornpak Khunatorn/iStock/Getty Images Plus.

Cause e sintomi

Definizione: la malattia di Parkinson

Il Parkinson (morbo o malattia di Parkinson) è una malattia a progressione lenta del sistema nervoso centrale caratterizzata dalla morte dei neuroni di determinate aree cerebrali (substantia nigra) e dalla conseguente carenza del neurotrasmettitore dopamina, indispensabile per controllare la precisione dei movimenti. La malattia compare generalmente dopo i cinquant’anni.

Parlando di Parkinson ci si riferisce di solito alla malattia di Parkinson idiopatica, ovvero alla sua forma più diffusa. La malattia di Parkinson idiopatica si differenzia da altre patologie con sintomi simili:

  • sindromi di Parkinson secondarie, che possono insorgere in conseguenza di altri fattori scatenanti, come farmaci, intossicazioni, tumori o infiammazioni
  • forme genetiche, in cui il rischio di sviluppare la malattia è ereditario
  • sindromi di Parkinsonprovocate da altre patologie che distruggono i neuroni, come la demenza a corpi di Lewy

Cause della malattia di Parkinson

L’origine esatta della morte delle cellule cerebrali non è stata ancora chiarita, anche se lo stress ossidativo è ritenuto una delle cause principali. Alcuni elementi sembrano inoltre indicare un’associazione tra l’esposizione prolungata per anni a grandi quantità di metalli come rame, ferro, manganese o alluminio e la patologia, che si sospetta potrebbe essere scatenata anche da varie sostanze chimiche o da infezioni.

Alcuni ricercatori ne localizzano il punto di partenza nell’intestino. Il decorso della malattia è interessato dalla formazione di determinate proteine (alfa-sinucleina), che raggiungono il cervello al termine di un processo lungo anni. Analogamente all’Alzheimer, anche qui si assiste alla costituzione di depositi di proteine nei neuroni, molti dei quali muoiono con il progredire della malattia.

Sintomi della malattia di Parkinson

La morte dei neuroni determina una carenza di dopamina, normalmente incaricata del controllo dei muscoli, la cui mancanza si manifesta con disturbi del movimento. I sintomi principali del Parkinson includono pertanto:

  • Bradicinesia: le persone colpite si muovono meno e più lentamente. Anche le sequenze di movimento più semplici diventano problematiche, con l’eventuale “congelamento” degli atti.
  • Rigidità: i muscoli si irrigidiscono. I pazienti hanno la sensazione di dover vincere una resistenza a ogni movimento, con l’eventuale comparsa di dolorose tensioni muscolari.
  • Tremore: gli arti tremano a riposo. Il fenomeno inizia normalmente dalle mani, per interessare in seguito anche i piedi.
  • Instabilità posturale: i soggetti interessati dalla malattia non riescono a mantenere una posizione eretta per un’alterazione dei riflessi posturali. Hanno difficoltà a tenersi in equilibrio e assumono una postura curva, con un aumento del rischio di cadute.

I sintomi principali della malattia di Parkinson si manifestano solo a morte già avvenuta di gran parte dei neuroni di una determinata area cerebrale. Esistono però anche segnali precoci che possono far pensare alla patologia, tra cui un peggioramento dell’odorato, stati d’animo depressivi, disturbi del sonno, dolori a braccia e gambe, oscillazione della pressione sanguigna e disfunzioni erettili.

Classificazione
Rappresentazione grafica dei sintomi del Parkinson
Chi ne viene colpito presenta una postura curva, tipica della malattia. Immagine: solar22/iStock/Getty Images Plus

Obiettivi del trattamento

Qual è il trattamento classico della malattia di Parkinson?

Il Parkinson è incurabile, ma i suoi sintomi possono essere trattati farmacologicamente. Di solito i medici prescrivono il principio attivo levodopa, noto anche come L-dopa (Madopar®, Duodopa®), un precursore della dopamina utilizzato dall’organismo per produrre quest’ultima. I sintomi del Parkinson di solito migliorano non appena i livelli di dopamina si ristabiliscono. Per ridurre le dosi e gli effetti collaterali della levodopa si somministrano spesso gli inibitori della decarbossilasi, come il principio attivo carbidopa (Sinemet®).

Si ricorre anche ai farmaci del gruppo degli agonisti dopaminergici, che amplificano l’effetto della dopamina disponibile e includono, ad esempio, i principi attivi pramipexolo (Mirapexin®) o ropinirolo (Requip®). Altri medicinali impediscono invece l’eliminazione della dopamina, ad esempio gli inibitori della COMT con i principi attivi entacapone (Comtan®, Stalevo®) o tolcapone (Tasmar®). Lo stesso effetto viene esercitato dai preparati del gruppo degli inibitori della MAO-B, con principi attivi come la rasagilina (Azilect®).

I suddetti strumenti terapeutici possono essere affiancati da farmaci di supporto, ad esempio contro la depressione provocata dalla malattia.

In parallelo i pazienti si sottopongono a sedute di fisioterapia volte ad alleviare i disturbi a carico dell’apparato locomotore. Altrettanto raccomandata è la terapia psicosociale, che rappresenta un aiuto per la gestione della malattia e per il mantenimento di un’adeguata qualità della vita.

Gli obiettivi della medicina dei micronutrienti

Alimenti ricchi di antiossidanti
Gli antiossidanti sono molto importanti per il Parkinson, poiché lo stress ossidativo è probabilmente una delle sue cause principali. Un’alimentazione ideale dovrebbe pertanto contenerne la massima varietà possibile. Immagine: Bojsha65/iStock/Getty Images Plus.

I micronutrienti sono il supporto ideale al trattamento del Parkinson. Determinati flavonoidi, vitamine e acidi grassi sono in grado di contrastare lo stress ossidativo nonché di proteggere i neuroni e supportarli nella produzione di energia. I seguenti micronutrienti si sono dimostrati particolarmente efficaci:

  • Gli antiossidanti proteggono i neuroni dallo stress ossidativo.
  • Il coenzima Q10 supporta le centrali elettriche dei nervi.
  • I polifenoli potrebbero impedire pericolosi accumuli di proteine.
  • Gli acidi grassi omega-3 arginano le infiammazioni dannose per le cellule.
  • La vitamina D è importante per cervello e ossa.

La medicina dei micronutrienti consente inoltre di alleviare alcuni degli effetti collaterali provocati dai farmaci comunemente usati nel trattamento del Parkinson.

Classificazione

Trattamento con i micronutrienti

Gli antiossidanti proteggono i neuroni in presenza del Parkinson

Meccanismo d’azione degli antiossidanti in caso di malattia di Parkinson

I radicali liberi possono danneggiare le cellule dell’organismo, tra cui i neuroni. Se prendono il sopravvento, si parla di stress ossidativo, che si pensa possa essere associato alla comparsa del Parkinson: i suoi marcatori sono infatti dieci volte più elevati nelle persone colpite dalla malattia che non in quelle sane, mentre le analisi condotte su campioni di tessuto della regione cerebrale interessata (substantia nigra) mostrano una presenza nettamente inferiore di glutatione, un antiossidante prodotto dall’organismo a protezione dai radicali liberi, rispetto ai soggetti sani.

Tuttavia, finora i ricercatori non hanno ancora potuto riscontrare una carenza decisiva di antiossidanti nel sangue che permetta di associare i livelli delle vitamine antiossidanti alla malattia. Alcuni studi osservazionali mostrano però come le persone che assumono grandi quantità di vitamina C, vitamina E o beta-carotene con l’alimentazione siano meno esposte al rischio di sviluppare il Parkinson.

A volte, per+o, l’impiego di adeguati integratori vitaminici non sortisce alcun effetto, come nel caso dei primi studi condotti con il glutatione o la vitamina E. In un piccolo studio preliminare l’uso dell’n-acetilcisteina, precursore del glutatione, è riuscito tuttavia ad alleviare temporaneamente i sintomi. I primi risultati positivi sono stati raggiunti con preparati misti: in uno studio di alto livello, la vitamina E e gli acidi grassi omega-3 hanno migliorato lo stato antiossidante nei pazienti con Parkinson. La loro assunzione ha inoltre influenzato positivamente la gravità della malattia e i valori di infiammazione.

L’efficacia degli antiossidanti in presenza di Parkinson deve essere confermata da ulteriori sperimentazioni. Lo stress ossidativo dovrebbe tuttavia essere evitato, poiché ritenuto una delle possibili cause della malattia. Per questo gli esperti in micronutrienti raccomandano l’assunzione di antiossidanti.

Dosaggio e consigli sull’assunzione di antiossidanti in caso di malattia di Parkinson

In caso di Parkinson gli esperti in micronutrienti consigliano un preparato misto con un’ampia varietà di antiossidanti, che si supportano a vicenda nella loro azione e sono sempre presenti in gruppo anche negli alimenti. Le dosi raccomandate sono:

  • da 200 a 400 milligrammi di vitamina C
  • da 30 a 50 milligrammi di vitamina E
  • fino a 2 milligrammi di carotenoidi
  • da 5 a 10 milligrammi di glutatione

Gli antiossidanti vanno distribuiti nel corso della giornata per migliorarne la tollerabilità e aumentarne l’assorbimento nell’intestino. Soprattutto quelli liposolubili, come la vitamina E e i carotenoidi, possono infatti essere digeriti solo con l’ausilio del grasso contenuto negli alimenti.

Consiglio

La vitamina C favorisce inoltre l’assorbimento intestinale dei farmaci per il Parkinson con il principio attivo levodopa. Di questo fattore beneficiano soprattutto i pazienti più anziani, in cui la capacità di assorbimento dei farmaci si riduce progressivamente.

Determinazione dello stato antiossidante in laboratorio

Il controllo dello stato antiossidante nel sangue dei pazienti con Parkinson permette di identificare il grado di stress ossidativo, che viene indicato dal rapporto tra radicali liberi e antiossidanti e dovrebbe essere equilibrato. I valori normali possono variare a seconda del laboratorio o dei metodi di indagine.

Lo stress ossidativo può essere misurato in vari modi, ad esempio sulla base del livello nell’urina o nel siero di malondialdeide, un marcatore che indica l’entità del danno subito dagli acidi grassi per effetto dei radicali liberi. I valori normali sono compresi tra 0,36 e 1,4 micromoli di malondialdeide per litro di sangue o tra 0,2 e 1,45 micromoli di malondialdeide per millimole di creatinina nell’urina.

Antiossidanti: da considerare in caso di malattie e assunzione di farmaci

Formula chimica del coenzima Q10 e capsule
Il coenzima Q10 è importante non solo come antiossidante, ma anche per la produzione di energia. I ricercatori ipotizzano che un’altra possibile causa sia da ricercare in una disfunzione dei mitocondri, le centrali elettriche delle cellule. Immagine: Ekaterina79/iStock/Getty Images Plus.

Poiché la vitamina C migliora l’assorbimento del ferro, chi soffre di emocromatosi, una malattia dovuta all’accumulo di notevoli quantità di ferro, dovrebbe assumerne dosi più elevate solo sotto controllo medico.

La vitamina E ad alto dosaggio può essere assunta assieme ad anticoagulanti con principi attivi come il fenprocumone o il warfarin (Coumadin®) solo sotto controllo medico e con il monitoraggio dei valori di coagulazione. La vitamina E in dosi elevate ha infatti la capacità di fluidificare il sangue.

Il glutatione e la vitamina C possono ridurre l’efficacia dei farmaci antitumorali, pertanto l’eventualità della loro assunzione durante una terapia contro il cancro deve essere preventivamente discussa con il medico.

Il coenzima Q10 supporta l’attività dei mitocondri

Meccanismo d’azione del coenzima Q10 in caso di malattia di Parkinson

Anche il coenzima Q10 svolge un’azione antiossidante e intercetta i radicali liberi, responsabili dei danni cellulari, oltre ad assicurare il funzionamento del sistema di produzione di energia nei mitocondri, le centrali elettriche delle cellule, indispensabili alla sopravvivenza dei neuroni. Gli esperti suppongono che una disfunzione dei mitocondri possa favorire la comparsa della malattia di Parkinson.

Uno studio osservazionale ha associato l’assunzione di coenzima Q10 a una progressione più lenta della patologia. La validità dei risultati è stata però limitata dalla mancanza di un gruppo di controllo. In una sperimentazione di alto livello i partecipanti con Parkinson alle fasi iniziali trattati con preparati a base di coenzima Q10 per sedici mesi hanno invece riportato limitazioni fisiche meno gravi rispetto ai soggetti del gruppo del placebo. Gli effetti positivi sono aumentati di pari passo con le dosi, comprese tra 300 e 1.200 milligrammi al giorno.

Una valutazione di tutti gli studi (meta-analisi) sul coenzima Q10 non è tuttavia riuscita a dimostrarne in via definitiva l’effetto positivo sul Parkinson. Il numero delle ricerche in questo ambito è in ogni caso ancora limitato e la reale efficacia del coenzima Q10 contro la patologia sarà oggetto di ulteriori sperimentazioni. Il suo impiego potrebbe comunque rivelarsi utile, soprattutto nei pazienti allo stadio iniziale.

Dosaggio e consigli sull’assunzione del coenzima Q10 in caso di malattia di Parkinson

In caso di Parkinson il trattamento con i micronutrienti prevede dosi da 200 a 400 milligrammi di coenzima Q10 al giorno, che possono essere aumentate fino a 1.000 milligrammi qualora il medico lo ritenga opportuno.

Il coenzima Q10 è disponibile ad esempio in capsule o gocce, da assumere sempre insieme ai pasti per favorirne l’assorbimento nell’intestino tramite i grassi presenti negli alimenti.

 

Coenzima Q10: da considerare in caso di malattie e assunzione di farmaci

Il coenzima Q10 può abbassare l’indice glicemico e deve pertanto essere assunto dai diabetici sotto stretto monitoraggio dei livelli di zucchero nel sangue per evitare casi di ipoglicemia.

Già a partire da dosi contenute il coenzima Q10 può ridurre l’efficacia di determinati anticoagulanti con principi attivi come il fenprocumone e il warfarin (Coumadin®). Chi utilizza questi farmaci deve valutare preventivamente l’assunzione di preparati a base di coenzima Q10 con il proprio medico e monitorare regolarmente la coagulazione sanguigna (valore di Quick).

I polifenoli impediscono la formazione di pericolosi depositi proteici

Meccanismo d’azione dei polifenoli con la malattia di Parkinson

Le sostanze vegetali del gruppo dei polifenoli possiedono proprietà antiossidanti e proteggono i neuroni. Esse includono, ad esempio, il resveratrolo, la curcumina e l’epigallocatechina gallato, (EGCG) contenuta nel tè verde.

Alcuni indizi lasciano supporre una loro ulteriore efficacia contro il Parkinson, ovvero la capacità di impedire l’accumulo di una determinata proteina (alfa-sinucleina), che gli esperti suppongono possa essere responsabile della morte dei neuroni nella regione cerebrale colpita in presenza della malattia. La proteina in questione è presente per natura nei neuroni e i suoi compiti includono la regolazione del rilascio di dopamina.

Gli esperimenti di laboratorio hanno mostrato come EGCG, curcumina e resveratrolo siano in grado di ridurre l’agglutinazione della proteina o di esercitare un’azione protettiva contro il suo effetto nocivo, anche se il meccanismo preciso non è stato ancora chiarito. Anche altre sostanze vegetali sono oggetto di ricerca per la loro potenziale efficacia contro il Parkinson. Un esempio è rappresentato dal ginkgo, il cui estratto negli esperimenti sui topi ha inibito la progressione della malattia e mitigato i disturbi del movimento.

Non sono però ancora disponibili sperimentazioni che documentino questi effetti sull’uomo. Ad ogni modo, l’uso dei polifenoli in presenza di Parkinson vale un tentativo, anche solo in virtù delle loro proprietà antiossidanti e di protezione cellulare.

Tè verde in polvere
Nei topi l’EGCG contenuta nel tè verde ha impedito l’agglutinazione di una proteina che nei malati di Parkinson si accumula nelle regioni cerebrali interessate dalla patologia. Immagine: 12875116/iStock/Getty Images Plus.

Dosaggio e consigli sull’assunzione dei polifenoli in caso di malattia di Parkinson

In presenza di Parkinson gli esperti in micronutrienti consigliano preparati contenenti un’ampia gamma di estratti vegetali, equilibrati tra loro nei dosaggi per garantire un’interazione ottimale. Si raccomandano le seguenti dosi:

  • da 10 a 15 milligrammi di EGCG
  • da 25 a 50 milligrammi di curcumina
  • 2 milligrammi di resveratrolo

I preparati a base di polifenoli vanno assunti preferibilmente insieme ai pasti per aumentarne la tollerabilità e l’assorbimento. La curcumina, ad esempio, è liposolubile e viene assorbita meglio a livello intestinale con l’ausilio dei lipidi presenti negli alimenti.

Polifenoli: da considerare in caso di malattie e assunzione di farmaci

Illustrazione dei neuroni di un paziente con Parkinson
L’acido grasso omega-3 DHA, un componente dei neuroni, svolge una funzione protettiva e inibisce le infiammazioni. Immagine: Dr_Microbe/iStock/Getty Images Plus.

La curcumina stimola la produzione degli acidi biliari e non dovrebbe essere assunta tramite preparati da chi soffre di calcoli biliari, che possono impedire il flusso della bile con la comparsa di dolori (coliche biliari). 

Determinate sostanze contenute nel tè verde possono bloccare l’assorbimento intestinale degli antipertensivi, come i principi attivi bisoprololo (Congescor®) o nifedipina (Adalat®), che vanno assunti quindi a distanza di almeno quattro ore. Il tè verde potrebbe inoltre essere in grado di ridurre l’efficacia di farmaci contro il cancro con il principio attivo bortezomib (Velcade®) e la sua assunzione deve pertanto essere valutata preventivamente con il proprio medico.

Le persone che fanno uso regolare di medicinali dovrebbero consultare il proprio medico prima di assumere preparati con resveratrolo e curcumina.

Nei testi di laboratorio questi polifenoli hanno inibito gli enzimi epatici normalmente deputati al metabolismo dei farmaci, e non si possono dunque escludere interazioni. Chi assume anticoagulanti con principi attivi come il warfarin (Coumadin®) e il clopidogrel (Iscover®, Plavix®) dovrebbe, per sicurezza, controllare il valore di coagulazione del sangue.

Gli acidi grassi omega-3 arginano le infiammazioni dannose per i neuroni

Meccanismo d’azione degli acidi grassi omega-3 in caso di malattia di Parkinson

Alcuni indizi lasciano supporre un ruolo dei processi infiammatori a carico del cervello nella comparsa del Parkinson, con l’eventuale partecipazione dei neurotrasmettitori infiammatori alla distruzione dei neuroni. La morte delle cellule provoca a sua volta ulteriori reazioni infiammatorie, in grado di danneggiare altri neuroni, dando avvio a un circolo vizioso. Una funzione protettiva sui nervi viene ascritta soprattutto all’acido grasso omega-3 docosaesaenoico (DHA), che si ritrova principalmente nelle membrane dei neuroni. Gli acidi grassi omega-3 hanno inoltre un’azione antinfiammatoria.

In uno studio osservazionale l’assunzione di preparati a base di olio di pesce contenenti DHA in combinazione con il coenzima Q10 è stata associata a una progressione più lenta della malattia di Parkinson. Gli acidi grassi omega-3 hanno fornito risultati convincenti anche in combinazione con la vitamina E, attenuando i sintomi della malattia nell’ambito di uno studio di alto profilo. La loro assunzione è pertanto consigliabile in presenza di Parkinson, anche se la loro efficacia da soli deve essere ancora confermata.

Informazioni

I pazienti affetti da Parkinson colpiti da depressione sembrano trarre particolari benefici dagli acidi grassi omega-3, in grado di alleviarne i sintomi, come mostrato da un piccolo studio di alto livello. Questo effetto è stato riscontrato con e senza l’assunzione di antidepressivi.

Dosaggio e consigli sull’assunzione degli acidi grassi omega-3 in caso di malattia di Parkinson

A protezione dei neuroni sono indicati 1.000 milligrammi al giorno di DHA, presente nei preparati a base di olio di pesce od olio di alghe. Gli integratori di buona qualità contengono inoltre l’acido eicosapentaenoico (EPA). Il DHA è “l’acido grasso dei nervi”, mente l’EPA ha una forte azione antinfiammatoria.

I preparati a base di omega-3 vanno assunti insieme ai pasti per favorirne il passaggio dall’intestino al sangue con l’ausilio dei grassi degli alimenti.

Consiglio

La scelta dei preparati a base di olio di pesce deve privilegiare quelli di alta qualità, sottoposti a diversi processi di purificazione per eliminare sostanze nocive e altri residui indesiderati che possono anche danneggiare gli acidi grassi omega-3 e le cellule dell’organismo.

Determinazione dei livelli di omega-3 in laboratorio

Per assicurare il giusto apporto di acidi grassi omega-3 in caso di Parkinson, è possibile determinarne il contenuto ematico. Gli esperti in micronutrienti raccomandano di controllare l’indice omega-3, che viene rilevato in laboratorio con la misurazione della percentuale di EPA e DHA negli eritrociti, ovvero nei globuli rossi. Un indice omega-3 pari al 10 percento indica che 10 acidi grassi su 100 sono preziosi omega-3. Il suo valore ideale è superiore all’otto percento.

Acidi grassi omega-3: da considerare in caso di malattie e assunzione di farmaci

Gli acidi grassi omega-3 non andrebbero assunti in caso di malattie epatiche improvvise, pancreatite o colecistite acuta.

Gli acidi grassi omega-3 fluidificano il sangue, pertanto le persone con disturbi della coagulazione (emofilia) dovrebbero assumerli solo con il consenso del medico. Spesso se ne consiglia la sospensione due settimane prima di un intervento chirurgico.

A partire da dosi di 1.000 milligrammi gli acidi grassi omega-3 possono amplificare l’effetto di anticoagulanti con principi attivi come warfarin (Coumadin®) o apixaban (Eliquis®). La loro assunzione congiunta deve pertanto essere discussa con il proprio medico.

La vitamina D per un cervello sano e ossa robuste

Meccanismo d’azione della vitamina D in caso di malattia di Parkinson

La vitamina D regola molti processi metabolici in tutto l’organismo, cervello compreso. Alcuni indizi lasciano supporre che una carenza di vitamina D e le conseguenti disfunzioni del sistema nervoso possano favorire la comparsa del Parkinson. Studi osservazionali evidenziano un rischio minore di sviluppare la malattia nelle persone con un livello alto di vitamina D, più spesso carente nei pazienti di Parkinson che non nei soggetti sani. Anche la gravità della patologia viene associata all’apporto di vitamina D, con un peggioramento dei sintomi al diminuire della sua quantità.

In uno studio di alto livello tra quelli già disponibili, l’assunzione della vitamina D è riuscita a rallentare la progressione del Parkinson e il peggioramento dei sintomi. I ricercatori non hanno però potuto accertare alcun miglioramento diretto della capacità di movimento attraverso la valutazione di vari studi.

Nonostante i risultati non del tutto chiari delle sperimentazioni, i pazienti affetti da Parkinson dovrebbero prestare attenzione a garantire un buon apporto di vitamina D, necessaria all’organismo per fissare il calcio nelle ossa. Il calcio è indispensabile per ossa robuste e resistenti, particolarmente importanti per le persone colpite da Parkinson, che, a causa dei disturbi del movimento, sono esposte a un forte pericolo di cadute e a un maggior rischio di fratture ossee.

Dosaggio e consigli sull’assunzione della vitamina D in caso di malattia di Parkinson

In presenza di Parkinson si consigliano da 1.000 a 2.000 unità internazionali di vitamina D, preferibilmente determinando le dosi in base ai valori ematici. Per risolvere una carenza grave è spesso necessario impiegare quantità più elevate per un periodo di tempo stabilito dal medico. Maggiori informazioni sul corretto dosaggio della vitamina D sono disponibili qui.

La vitamina D è liposolubile e va per questo sempre assunta insieme ai pasti, quando i grassi introdotti con l’alimentazione ne permettono l’adeguato assorbimento nell’organismo.

Coppia di anziani che si gode il sole
La vitamina D viene normalmente prodotta nella pelle attraverso l’irradiazione solare. Questa capacità si riduce con il passare degli anni, rendendo opportuno il controllo dei suoi livelli negli anziani. Immagine: Wavebreakmedia/iStock/Getty Images Plus.

Determinazione dei livelli di vitamina D in laboratorio

I malati di Parkinson dovrebbero tenere sotto controllo i propri livelli di vitamina D, verificandoli due volte l’anno con la rilevazione della sua forma di trasporto (vitamina D 25(OH) o calcidiolo) nel siero, la componente liquida del sangue priva di cellule ematiche. I valori ideali sono compresi tra 40 e 60 nanogrammi per millilitro.

Vitamina D: da considerare in caso di malattie e assunzione di farmaci

La vitamina D aumenta l’assorbimento del calcio nell’intestino e può provocare problemi se assunta con altri farmaci.

  • I soggetti affetti da malattie renali (insufficienza renale) hanno spesso uno squilibrio dei livelli di calcio, che può formare accumuli pericolosi qualora la vitamina D venga assunta senza il consenso del medico. Anche i pazienti con calcoli renali contenenti calcio dovrebbero consultare un medico prima di fare ricorso alla vitamina D.
  • I diuretici del gruppo dei tiazidici, con principi attivi come l’idroclorotiazide (Esidrex®) o l’indapamide (Damide®), riducono l’escrezione renale del calcio, che può raggiungere livelli eccessivi. Chi ne fa uso deve assumere i preparati a base di vitamina D solo con il consenso del medico e controllando i livelli di calcio.

Dosaggi in breve

Dosi giornaliere consigliate in caso di Parkinson

 

Vitamine

Vitamina C

da 200 a 400 milligrammi (mg)

Vitamina E

da 30 a 50 milligrammi

Vitamina D

da 1.000 a 2.000 unità internazionali (UI)

  
 

Flavonoidi

ECGC da tè verde

da 10 a 15 milligrammi

Curcumina

da 25 a 50 milligrammi

Resveratrolo

2 milligrammi

Carotenoidi

2 milligrammi

  
 

Acidi grassi omega-3

DHA

1.000 milligrammi

  
 

Altre sostanze

Coenzima Q10

da 200 a 1.200 milligrammi

Glutatione

da 5 a 10 milligrammi

Esami di laboratorio consigliati in breve

Esami del sangue consigliati in caso di Parkinson

 

Valori normali

Stato antiossidante

 

Malondialdeide

Siero:

Urina:

Valori in base al metodo e al laboratorio

 

 

da 0,36 a 1,4 micromoli per litro (μmol/l)

da 0,2 a 1,45 micromoli per millimole di creatinina (µmol/mmol)

Indice omega-3

oltre l’8 percento (%)

Vitamina D

da 40 a 60 nanogrammi per millilitro (ng/ml)

 

 

Classificazione

Sostegno ai farmaci tramite i micronutrienti

Le vitamine del gruppo B riducono l’eccesso di omocisteina provocata dalla terapia con levodopa

Formula chimica della levodopa
La levodopa è il farmaco più importante nel trattamento del Parkinson, ma può provocare effetti collaterali, contrastabili con le vitamine. Immagine: Zerbor/iStock/Getty Images Plus.

I farmaci con il principio attivo levodopa (Madopar®, Duodopa®) possono aumentare i livelli di omocisteina nei soggetti con il Parkinson. Valori di omocisteina oltre la norma vengono associati ad altre malattie, tra cui arteriosclerosi, cardiopatia coronarica, osteoporosi o demenza. Alcuni esperti ipotizzano inoltre che l’omocisteina possa aggravare i disturbi di movimento e pensiero nei malati di Parkinson.

L’organismo riesce a contenere i livelli di omocisteina solo eliminandola a ciclo continuo, servendosi della vitamina B6, della vitamina B12 e dell’acido folico, ovvero delle sostanze spesso carenti nelle persone con Parkinson trattate con levodopa. In casi del genere gli esperti in micronutrienti raccomandano pertanto l’impiego di preparati vitaminici. 

La somministrazione della levodopa può essere accompagnata dall’assunzione delle seguenti sostanze, alle dosi giornaliere indicate:

  • da 200 a 500 microgrammi di acido folico
  • da 2 a 5 milligrammi di vitamina B6
  • 500 microgrammi di vitamina B12

Informazioni

Attenzione: dosi superiori a 5 milligrammi di vitamina B6 possono compromettere l’efficacia della levodopa. La dose adeguata va preventivamente valutata con il medico.

La vitamina B6 previene una carenza dovuta all’assunzione di inibitori della decarbossilasi

Gli inibitori della decarbossilasi, impiegati insieme alla levodopa nel trattamento del Parkinson, includono i principi attivi carbidopa (Sinemet®) e benserazide (Madopar®). Legandosi alla forma attiva della vitamina B6 (piridossal-5’-fosfato - PLP), possono limitarne l’apporto all’organismo.

Una carenza di vitamina B6 si manifesta, ad esempio, con arrossamenti cutanei, tagli a bocca e mucosa orale, contrazioni muscolari e crampi. In alcuni casi possono comparire disturbi neurologici (neuropatie), con formicolio o intorpidimento a mani e piedi. Il Parkinson in stadio avanzato è spesso caratterizzato sia da una carenza di vitamina B6 sia da neuropatie.

Per evitare un deficit di vitamina B6 provocato dagli inibitori della decarbossilasi nel Parkinson, gli esperti in micronutrienti consigliano di assumerne da 2 a 5 milligrammi al giorno.

Dosaggi in breve

Dosi giornaliere consigliate in caso di assunzione di farmaci

 

Levodopa

Acido folico

da 200 a 500 microgrammi (µg)

Vitamina B6

da 2 a 5 milligrammi (mg)

Vitamina B12

500 microgrammi

  
 

Inibitori della decarbossilasi

Vitamina B6

da 2 a 5 milligrammi

Classificazione

Riepilogo

La malattia di Parkinson è caratterizzata dalla morte di un numero eccessivo di neuroni in una determinata area cerebrale, in particolare di quelli responsabili del rilascio del neurotrasmettitore dopamina. Una carenza di dopamina provoca disturbi del movimento e i tipici sintomi del Parkinson, come tremori e problemi di equilibrio.

Il trattamento del Parkinson può essere integrato in modo ideale con la medicina dei micronutrienti. Determinati flavonoidi e vitamine proteggono i neuroni, combattono lo stress ossidativo e sembrano poter migliorare la mobilità. Tra le principali sostanze antiossidanti si annoverano le vitamine C ed E, il glutatione e i carotenoidi.

Il coenzima Q10 supporta inoltre l’attività dei mitocondri, fornendo energia per i neuroni. I polifenoli possono impedire la formazione di depositi proteici potenzialmente pericolosi. Mentre gli acidi grassi omega-3 arginano le infiammazioni che danneggiano i neuroni, la vitamina D potrebbe essere in grado di alleviare le conseguenze delle cadute e forse anche di rallentare la progressione della malattia.

Le vitamine del gruppo B sono inoltre d’aiuto nel mitigare gli effetti collaterali dei farmaci usati nel trattamento del Parkinson con il principio attivo levodopa o appartenenti al gruppo degli inibitori della decarbossilasi.

Classificazione

Indice degli studi e delle fonti

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