Vitamine, minerali e flavonoidi contro la stanchezza

Come combattere stanchezza e affaticamento con l’aiuto della medicina dei micronutrienti

Cause e sintomi

Cause della stanchezza

La stanchezza non è una condizione patologica. La forma che si manifesta in primavera è ad esempio molto diffusa. La stanchezza può essere provocata da mancanza di sonno, disturbi del sonno, una cattiva qualità del riposo e da attività faticose, nonché comparire in forma più marcata durante la pubertà, la menopausa e la gravidanza. Le cause potenziali includono una carenza di ferro o di minerali in generale, un ridotto apporto di fluidi, il consumo di cibi molto grassi, una forte esposizione ai raggi solari nonché lo stress psicologico.

Se nessuno dei suddetti fattori è responsabile dello stato di stanchezza, all’origine potrebbe esservi una malattia, soprattutto se la persona riposa a sufficienza. Le malattie, in base a tipo e gravità, possono infatti aumentare il bisogno di dormire. Alcuni esempi sono:

  • Infezioni come raffreddore, influenza, epatite A e B (infiammazioni epatiche) o mononucleosi
  • Anemia
  • Insufficienza cardiaca e aritmie
  • Insufficienza renale cronica
  • Diabete
  • Ipotiroidismo
  • Sindrome da burnout e stati d’animo depressivi
  • Malattie autoimmuni o muscolari quali sclerosi multipla, Parkinson, artrite reumatoide o fibromialgia

Anche alcuni farmaci possono provocare stanchezza, come ad esempio gli antidepressivi (Fluoxerene®, Prozac®), i farmaci anticolesterolo (ad esempio Prasterol® e Pravaselect®) o gli antipertensivi (tra cui gli ACE-inibitori come Krupil®, Eclipse®).

Donna che prepara il caffè al mattino
Un affaticamento costante può essere sintomo di una carenza di micronutrienti. L’organismo necessita di vitamine e minerali per mantenere attivo il metabolismo energetico e ricavare carburante dai carboidrati (macronutrienti). Immagine: morgan23/iStock/Getty Images Plus

Informazioni

La stanchezza che invece colpisce i malati di cancro in tutte le fasi della malattia viene indicata con il termine “fatigue” (spossatezza) e si manifesta soprattutto allo stadio iniziale di tumori ai linfonodi (linfomi), leucemie, cancro al seno e determinate forme di cancro intestinale. La fatigue può essere una conseguenza della malattia tumorale stessa, ma anche un sintomo associato al trattamento.

Sintomi associati alla stanchezza

La stanchezza è spesso accompagnata da altri sintomi, tra cui:

  • irritabilità
  • prestazioni ridotte
  • mancanza di energia
  • spossatezza

La stanchezza come sintomo non va confusa con la malattia nota come “sindrome da fatica cronica” (Chronic Fatigue Syndrome, CFS), caratterizzata da stanchezza e affaticamento estremi, soprattutto dopo una sollecitazione fisica. Spesso è impossibile identificarne la causa, e riposo o tranquillità non bastano a sconfiggerla.

 

Classificazione

Obiettivi del trattamento

Qual è il trattamento classico della stanchezza?

Se la stanchezza è persistente, occorre scoprirne le cause e iniziare dal trattamento di eventuali patologie di base. Se la causa non è una malattia, bensì la mancanza di sonno, lo stress o lo sforzo fisico, si può ricorrere a tecniche di rilassamento (come yoga o training autogeno).

In generale uno stile di vita sano e libero da stress, con regolari uscite all’aria aperta, sufficiente attività fisica, un’alimentazione equilibrata e il mantenimento di un peso normale, ha un effetto positivo. È inoltre opportuno ridurre il consumo di nicotina, alcol o caffè, che pregiudicano la qualità del sonno e possono contribuire alla stanchezza.

Se invece la causa è rappresentata da disturbi del sonno, l’assunzione temporanea di tranquillanti può favorire il recupero di una sana abitudine al riposo. I medicinali disponibili includono le benzodiazepine come alprazolam (Xanax®) e diazepam (Valium®, Ansiolin®), con azione ansiolitica e sedativa, o gli antidepressivi con effetto rilassante, come i principi attivi trimipramina (Surmontil®) o agomelatina (Valdoxan®), tutti acquistabili solo con prescrizione medica.

Gli obiettivi della medicina dei micronutrienti

La medicina dei micronutrienti può contribuire ad alleviare la stanchezza. Vitamine e minerali sono necessari per mantenere attivo il metabolismo energetico. La stanchezza è spesso indicativa di una carenza di micronutrienti. La produzione di energia può inoltre essere influenzata positivamente da determinati flavonoidi. Le seguenti sostanze si sono rivelate particolarmente efficaci:

  • Le vitamine del gruppo B supportano la produzione di energia e della melatonina, nota anche come ormone del sonno.
  • Il coenzima Q10 è importante per la produzione di energia nelle cellule.
  • Il magnesio rilassa e favorisce un sonno ristoratore.
  • Il ferro compensa un’eventuale carenza e supporta il trasporto di ossigeno.
  • La vitamina D contribuisce a prevenire la stanchezza.
  • Il ginseng sembra in grado di aumentare le prestazioni e attenua la stanchezza.
  • Il ginkgo favorisce l’irrorazione sanguigna e protegge le cellule dell’organismo.

Consiglio

Se la stanchezza è provocata da disturbi del sonno, ulteriori informazioni sulle opzioni offerte dalla medicina dei micronutrienti sono disponibili nell’articolo sui disturbi del sonno. Determinati minerali e vitamine sono importanti per la produzione della melatonina, l’ormone del sonno. Se l’origine della stanchezza è da ricercarsi in uno stato d’animo depressivo, alcuni microelementi possono stimolare la produzione di serotonina, nota anche come ormone della felicità.

Classificazione

Trattamento con i micronutrienti

Le vitamine del gruppo B sono importanti per il metabolismo energetico

Meccanismo d’azione delle vitamine del gruppo B

La stanchezza è spesso indicativa di una carenza di vitamine del gruppo B, che nell’organismo sono responsabili dei seguenti processi:

  • Le vitamine B1, B2, niacina, acido pantotenico e biotina partecipano al metabolismo energetico nelle cellule, che in loro assenza non funziona correttamente, con la comparsa di stanchezza.
  • L’acido folico e la vitamina B12 sono importanti per il rinnovamento cellulare e per la formazione dei globuli rossi nel midollo osseo, una cui carenza provoca anemia, che si manifesta con stanchezza.
  • La vitamina B6 concorre alla produzione dell’ormone del sonno melatonina, che non viene rilasciato in quantità sufficiente in caso di una sua carenza, con conseguente mancanza di sonno e stanchezza.

L’efficacia delle vitamine del gruppo B sulla stanchezza è stata esaminata in combinazione con altri minerali e vitamine: insieme a magnesio, probiotici e altre vitamine, quelle del gruppo B hanno pressoché dimezzato la stanchezza provocata da stress, come indicato da uno studio osservazionale su 242 soggetti sani. Anche uno studio preliminare condotto su 76 donne anziane sane evidenzia come l’assunzione di un complesso di vitamine e minerali (con vitamine del gruppo B, vitamina K e calcio) abbia portato a una riduzione della stanchezza di origine psichica. Questa situazione si è tuttavia verificata solo quando le partecipanti, al termine dello studio, sono state nuovamente intervistate a casa. In laboratorio non è stato possibile rilevare alcun effetto immediato. Uno studio di alto livello su 215 uomini è riuscito a dimostrare una qualche efficacia, con la diminuzione dell’affaticamento mentale grazie all’assunzione di un preparato a base di vitamine del gruppo B in combinazione con vitamina C e minerali.

Ora occorre verificare se le vitamine del gruppo B siano efficaci contro la stanchezza anche da sole. Soprattutto la vitamina B1 potrebbe essere d’aiuto alle persone colpite da stanchezza a causa della sclerosi multipla: in uno studio preliminare su 15 pazienti, l’assunzione di vitamina B1, seppur già presente a livelli normali in tutti i partecipanti, ha alleviato in misura percepibile la stanchezza.

Le vitamine del gruppo B, importanti per garantire una produzione di energia sufficiente, non dovrebbero mai essere carenti per evitare episodi di stanchezza.

Dosaggio e consigli sull’assunzione delle vitamine del gruppo B

Immagine di una divisione cellulare
L’organismo ha bisogno delle vitamine del gruppo B per la divisione cellulare, ad esempio delle cellule ematiche, che a loro volta trasportano l’ossigeno per la produzione di energia, in cui dette vitamine hanno anche una funzione diretta. Immagine: Rost-9D/iStock/Getty Images Plus

Per combattere la stanchezza sono indicate le seguenti dosi giornaliere:

  • Vitamina B1: da 5 a 20 milligrammi
  • Vitamina B2: da 5 a 20 milligrammi
  • Vitamina B6: da 5 a 10 milligrammi
  • Vitamina B12: da 10 a 50 microgrammi (sotto forma di metilcobalamina)
  • Acido folico: da 400 a 800 microgrammi (sotto forma di acido 5-metiltetraidrofolico, 5-MTHF)
  • Biotina: da 100 a 150 microgrammi
  • Niacina: da 20 a 50 milligrammi
  • Acido pantotenico: da 10 a 50 milligrammi

Le vitamine del gruppo B si supportano a vicenda nella loro azione e per questo andrebbero assunte tutte assieme mediante un preparato misto. Gli integratori sono disponibili in polvere o capsule, da assumere insieme ai pasti per migliorarne la tollerabilità.

Vitamine del gruppo B: da considerare in caso di gravidanza, malattie e assunzione di farmaci

Durante la gravidanza e l’allattamento si dovrebbero assumere dosi elevate di vitamine del gruppo B solo in caso di carenza comprovata, chiedendo per sicurezza al medico di definire la quantità adeguata.

I diabetici con danni renali e i pazienti nefropatici devono prestare particolare attenzione alla vitamina B12, che dovrebbe essere utilizzata sotto forma di metilcobalamina e non di cianocobalamina, poiché quest’ultima è probabilmente nociva a dosaggi elevati per i pazienti con problemi ai reni.

Un dosaggio elevato di vitamina B6 può indebolire l’efficacia di determinati farmaci, tra cui gli antiepilettici con i principi attivi fenobarbital (Luminal®) e fenitoina (Aurantin®, Dintoina®) e il preparato anti-Parkinson levodopa (ad esempio Duodopa®). I pazienti che fanno uso di questi farmaci dovrebbero limitare le dosi di vitamina B6 a un massimo di 5 milligrammi.

L’assunzione di quantità elevate di acido folico potrebbe amplificare alcuni effetti collaterali di determinati farmaci antitumorali, tra cui i principi attivi 5-fluorouracile (5-Fluorouracile Teva®, Actikerall®) e capecitabina (Xeloda®). Il suo impiego deve pertanto essere preventivamente discusso con il medico.

La niacina impedisce l’assorbimento di antibiotici appartenenti al gruppo delle tetracicline (Ambramicina®, Tetralysal®) e va dunque assunta a due o tre ore di distanza da tali farmaci.

Il coenzima Q10 contro la mancanza di energia

Meccanismo d’azione del coenzima Q10

Il coenzima Q10 interviene direttamente nella produzione di energia nei mitocondri, le centrali elettriche delle cellule. Una carenza di coenzima Q10 comporta anche una perdita di energia, che si manifesta con stanchezza. In uno studio osservazionale che ha messo a confronto l’efficacia di vari metodi, come lo yoga e l’assunzione di micronutrienti, in caso di stanchezza, il coenzima Q10 è stato il rimedio giudicato più utile dai partecipanti. Il coenzima Q10 può inoltre essere d’aiuto contro le seguenti cause della stanchezza:

  • In un piccolo studio di alto livello i ricercatori hanno analizzato con successo l’efficacia del coenzima Q10 nei pazienti affetti da sclerosi multipla rispetto ad un placebo: la stanchezza tipica della malattia è diminuita sensibilmente durante l’assunzione del coenzima Q10, mentre è aumentata nel gruppo trattato con il placebo. In tale studio i partecipanti hanno ricevuto 500 milligrammi di coenzima Q10 al giorno per dodici settimane.
  • Anche la stanchezza durante lo sport potrebbe essere contrastata con il coenzima Q10: un altro piccolo studio di alto profilo mostra come l’assunzione di 300 milligrammi prima dell’allenamento possa ridurre la stanchezza, migliorando al tempo stesso le prestazioni fisiche.
  • Gli autori di uno studio preliminare hanno constatato la capacità del coenzima Q10 di ridurre la stanchezza come effetto collaterale dei farmaci anticolesterolo (statine). I circa 200 partecipanti hanno ricevuto assieme alle statine 30 milligrammi di coenzima Q10 o un placebo, con una riduzione della comparsa di stanchezza solo nel primo gruppo.

I risultati suggeriscono che l’assunzione di coenzima Q10 potrebbe essere utile per contrastare la stanchezza quando l’organismo interessato da una malattia necessita di una quantità di energia particolarmente elevata. Ulteriori studi di maggiori dimensioni cercheranno ora di confermare questi effetti promettenti. L’impiego del coenzima Q10, così importante nella produzione di energia, vale in ogni caso un tentativo.

Dosaggio e consigli sull’assunzione del coenzima Q10

Per combattere la stanchezza gli esperti in micronutrienti consigliano da 100 a 300 milligrammi di coenzima Q10 al giorno da assumere insieme ai pasti, poiché i grassi contenuti negli alimenti ne migliorano l’assorbimento a livello intestinale.

Consiglio

Il coenzima Q10 sotto forma di ubichinolo: l’ubichinolo consente di raggiungere livelli ematici più alti rispetto all’ubichinone, probabilmente in virtù di un migliore assorbimento nell’intestino, ma la sua produzione è più costosa.

Coenzima Q10: da considerare in caso di assunzione di farmaci e malattie

Il coenzima Q10 può ridurre l’efficacia di determinati anticoagulanti, tra cui i derivati cumarinici con i principi attivi warfarin (Coumadin®) e fenprocumone, già a partire da dosi di 30 milligrammi. Un’eventuale assunzione deve pertanto essere prima discussa con il medico, che può controllare il tempo di coagulazione del sangue (tempo di protrombina).

Il coenzima Q10 può abbassare l’indice glicemico e deve pertanto essere assunto dai diabetici sotto stretto monitoraggio dei livelli di zucchero nel sangue per evitare casi di ipoglicemia.

Formula chimica del coenzima Q10
Il coenzima Q10 viene prodotto dall’organismo, ma in quantità sempre minore con l’avanzare dell’età. La sua integrazione può pertanto essere utile, soprattutto nelle persone anziane che soffrono di stanchezza. Immagine: Ekaterina79 /iStock/Getty Images Plus

Il magnesio supporta la produzione della melatonina, l’ormone del sonno

Meccanismo d’azione del magnesio

Il magnesio è importante per la funzione nervosa, influenza l’umore e il sonno e partecipa a tutte le attività dei nervi nonché alla produzione dell’ormone del sonno melatonina, indispensabile per un riposo ristoratore. Il magnesio è inoltre necessario per assicurare una quantità di energia sufficiente. Se il fabbisogno di magnesio non è coperto, possono comparire sintomi come mal di testa e stanchezza.

Uno studio osservazionale sulle abitudini alimentari di 100 pazienti affetti da sclerosi multipla e stanchezza provocata dalla malattia ha evidenziato come il loro apporto di magnesio fosse nettamente inferiore ai valori prescritti. I ricercatori ipotizzano che la forte stanchezza sia associata a bassi livelli di magnesio, come indicato anche da un altro studio con 242 partecipanti sani, che lamentavano stress e stanchezza: entrambi i sintomi si sono considerevolmente attenuati con l’assunzione di magnesio (in combinazione con probiotici, vitamine e altri minerali).

L’efficacia del solo magnesio contro la stanchezza deve ora essere verificata in ulteriori studi, ma in generale è opportuno assicurarne un apporto sufficiente per scongiurare le conseguenze di una sua carenza.

Dosaggio e consigli sull’assunzione del magnesio

Per prevenire una carenza di magnesio i medici specializzati in micronutrienti consigliano di assumerne da 200 a 300 milligrammi al giorno, mentre il trattamento efficace dei disturbi del sonno può richiedere dosi fino a 800 milligrammi. Nel lungo termine non si dovrebbero superare i 250 milligrammi senza aver prima consultato il medico.

Se assunto insieme ai pasti, il magnesio è più tollerabile e viene assorbito meglio nell’intestino per effetto delle proteine contenute negli alimenti. A digiuno può invece provocare disturbi gastrointestinali, mentre dosi elevate possono essere accompagnate da innocui episodi di diarrea. In questo caso è sufficiente suddividere la quantità in più porzioni. I composti organici, come il magnesio citrato o bisglicinato, sono più tollerabili.

Determinazione dei livelli di magnesio in laboratorio

In caso di stanchezza costante è opportuno controllare i livelli di magnesio, determinati mediante un’analisi del sangue intero, che contiene tutte le cellule ematiche. Questo minerale si ritrova infatti prevalentemente nell’interno delle cellule. I valori normali nel sangue intero sono compresi tra 1,38 e 1,5 millimoli per litro.

Test ematico del magnesio
Un esame del sangue può aiutare a scoprire se la stanchezza sia da ricondurre ad una carenza di magnesio. Immagine: jarun011/iStock/Getty Images Plus

Magnesio: da considerare in caso di malattie renali e assunzione di farmaci

Le malattie renali croniche limitano l’escrezione del magnesio attraverso i reni, che può raggiungere livelli eccessivi e per questo non dovrebbe essere integrato con preparati di minerali dai soggetti con disturbi ai reni.

Il magnesio non dovrebbe essere assunto in concomitanza con determinati antibiotici, ai quali si lega rendendoli inefficaci. Occorre dunque rispettare un intervallo di almeno due ore tra le somministrazioni. I farmaci in questione includono le tetracicline (come Acromicina®, Tetraciclina®) e gli inibitori della DNA girasi, come la norfloxacina (ad esempio Naflox®) e la moxifloxacina (ad esempio Avalox®). Lo stesso vale per i farmaci contro l’osteoporosi del gruppo dei bifosfonati, con principi attivi quali l’acido alendronico (Fosamax®, Adronat®), l’acido clodronico (Clodron®), l’acido etidronico (Etidron®), l’acido ibandronico (Bondronat®), l’acido pamidronico (Texpami®), l’acido risedronico (Actonel®) e l’acido tiludronico (Tildren®).

La carenza di ferro provoca stanchezza

Meccanismo d’azione del ferro

La carenza di ferro è una delle più diffuse e può comparire per una forte perdita di sangue, ad esempio dovuta al ciclo mestruale. Inoltre, l’organismo necessita di una quantità maggiore di questo minerale nelle fasi della crescita, nonché durante la gravidanza e l’allattamento. La stanchezza è spesso indicativa di una carenza di ferro ed è provocata da un apporto insufficiente di ossigeno alle cellule. Il ferro è infatti deputato al trasporto dell’ossigeno nel sangue, e una sua carenza priva le cellule dello strumento necessario alla produzione di energia.

Nell’ambito di uno studio di alto profilo, i ricercatori hanno analizzato l’effetto del ferro su 144 donne affette da stanchezza, oltre la metà delle quali ne presentava una carenza. Il disturbo si è nettamente ridotto in un buon terzo delle partecipanti con l’assunzione di 80 milligrammi di ferro al giorno per un mese. L’effetto è stato confermato da un altro studio altamente qualitativo condotto su 198 donne, in cui in tre mesi l’incidenza della stanchezza è stata addirittura dimezzata. Anche in questo caso la dose giornaliera è stata di 80 milligrammi.

Carenza di ferro e stanchezza sembrano associate anche in presenza di malattie infiammatorie croniche intestinali. Uno studio osservazionale mostra infatti come una carenza di ferro nei pazienti affetti da colite ulcerosa aumenti il rischio di stanchezza e si ripercuota negativamente sulla loro qualità della vita.

I ricercatori impegnati un un’attività di valutazione e revisione di una serie di studi, in parte anche di alto livello, sono giunti alla conclusione che un migliore apporto di ferro negli adulti possa ridurre la stanchezza. Questo disturbo può però originare da cause diverse ed è pertanto consigliabile verificare i livelli ematici di ferro, per poi procedere alla sua integrazione in caso di carenza.

Immagine che illustra il trasporto dell’ossigeno nel sangue
Il ferro è un componente dell’emoglobina, responsabile del trasporto dell’ossigeno nel sangue. Se il ferro è carente, l’emoglobina disponibile non basta a rifornire adeguatamente di ossigeno le cellule per la produzione di energia. Immagine: AkaratPhasura/iStock/Getty Images Plus

Dosaggio e consigli sull’assunzione del ferro

Alle persone colpite da stanchezza si consiglia di garantire un apporto adeguato di ferro, il cui fabbisogno quotidiano è di 15 milligrammi per le donne e 10 milligrammi per gli uomini. La dose ottimale andrebbe tuttavia definita sulla base dei livelli ematici. In caso di carenza grave, si raccomandano da 50 a 100 milligrammi al giorno, mentre da 20 a 40 milligrammi sono già sufficienti per risolvere i casi più lievi. L’impiego di integratori di ferro andrebbe discusso con il medico per non incorrere nel rischio di sovradosaggio.

Il momento ottimale per la loro assunzione è insieme ai pasti, per garantirne il massimo assorbimento nell’intestino ed evitare i problemi gastrici che potrebbero verificarsi a digiuno. Occorre, tuttavia escludere alimenti in grado di bloccare tale assorbimento, come il caffè o il latte.

Consiglio

Determinati composti del ferro, come il fumarato ferroso, il bisglicinato ferroso o il gluconato ferroso, sono molto più tollerabili. Alcuni produttori confezionano invece il ferro in capsule per evitare che venga a contatto con la mucosa gastrointestinale, irritandola.

Determinazione dei livelli di ferro in laboratorio

Il ferro dovrebbe essere integrato regolarmente solo in caso di carenza. L’entità del suo apporto andrebbe definita sulla base di più valori, poiché uno solo non basta per avere un quadro chiaro della situazione.

Il medico può, ad esempio, controllare il livello dell’emoglobina, una sostanza contenente ferro e responsabile della colorazione del sangue, e della ferritina, ovvero la proteina di trasporto del ferro. I valori dell’emoglobina dovrebbero essere superiori a 12 grammi per decilitro nelle donne e a 15 negli uomini, mentre quelli della ferritina sono compresi tra 34 e 310 microgrammi per litro negli uomini e tra 23 e 110 nelle donne.

Ferro: da considerare in caso di malattie e assunzione di farmaci

L’assunzione di preparati a base di ferro dovrebbe essere discussa con il medico in presenza di malattie a carico dei reni o del fegato, in cui il ferro può accumularsi. Un eccesso di ferro provoca danni agli organi. Lo stesso vale per il Parkinson, nel cui caso sono stati riscontrati consistenti depositi di ferro in determinate aree del cervello.

Le persone affette da emocromatosi o con disturbi del metabolismo del ferro, ad esempio provocati da determinate forme di anemia, non dovrebbero assumere preparati che lo contengano. Il suo impiego in caso di anemia deve essere discusso con il medico.

Poiché il ferro può irritare la mucosa gastrointestinale, in caso di infiammazioni, ulcere o malattie infiammatorie croniche intestinali, la sua assunzione deve essere discussa con il medico.

Il principio attivo allopurinolo (Zyloric®, Allurit®) viene utilizzato per il trattamento della gotta e può aumentare le riserve di ferro nel fegato, pertanto non dovrebbero essere assunti con integratori di ferro.

Il ferro inibisce inoltre l’assorbimento e l’efficacia di vari farmaci, tra cui gli antipertensivi con principi attivi come benazepril (Zinadril) o captopril (Tenpril®), nonché i medicinali per la tiroide (L-Thyroxin®). Una panoramica completa è disponibile nell’articolo sul ferro.

Una carenza di vitamina D può favorire la stanchezza

Meccanismo d’azione della vitamina D

Il sole splende attraverso il grano
La carenza di vitamina D è molto diffusa soprattutto in inverno, quando l’irradiazione solare, che ne consente la produzione nella pelle, non è sufficiente e le quantità minime presenti negli alimenti sono troppo ridotte. Immagine: m-gucci/iStock/Getty Images Plus

La vitamina D è importante non solo per le ossa, ma anche per il corretto funzionamento del muscolo cardiaco, che a sua volta assicura il giusto apporto alle cellule dell’ossigeno e dei nutrienti necessari alla produzione di energia. L’organismo è in grado di produrre autonomamente la vitamina D, sintetizzata dalla pelle per effetto del sole. La carenza di vitamina D è però molto diffusa in inverno, quando l’irradiazione non è sufficiente, e si accompagna a disturbi del sonno, stanchezza e mancanza di energia.

Il rapporto tra stanchezza e carenza di vitamina D è supportato da vari studi osservazionali, uno dei quali ha ad esempio misurato i livelli di vitamina D in 81 pazienti con disturbi del sonno. I risultati hanno evidenziato un’associazione tra sonnolenza e livelli ridotti di vitamina D. Anche l’analisi dei livelli di vitamina D di 200 infermiere documenta l’esistenza di un legame tra la loro spossatezza e una quantità troppo bassa di vitamina D nel sangue.

La stanchezza si è ridotta con l’assunzione di vitamina D, come indicato da uno studio di alto livello su 120 partecipanti con valori ridotti. Dopo quattro settimane, si è registrato un miglioramento nettamente superiore nel gruppo trattato con la vitamina D rispetto a quello trattato con il placebo. I partecipanti hanno ricevuto una dose unica di 100.000 unità internazionali di vitamina D, dimostratasi efficace anche in presenza di malattie associate alla stanchezza, come ad esempio nell’ambito di un piccolo studio di alto livello su pazienti affetti da lupus eritematoso, una malattia reumatica autoimmune.

La reale efficacia della vitamina D su tutti i soggetti colpiti da stanchezza deve però essere verificata da ulteriori sperimentazioni. Il suo corretto apporto dovrebbe essere in ogni caso garantito per evitare stanchezza e mancanza di energia dovute a una sua carenza. 

Dosaggio e consigli sull’assunzione della vitamina D

La dose adeguata di vitamina D deve essere definita in base al suo livello nel sangue, che è quindi opportuno determinare. Se questo valore non è noto, si consigliano da 1.000 a 2.000 unità internazionali di vitamina D al giorno, ad esempio 1.000 in estate e 2.000 in inverno. Per risolvere una carenza grave è spesso necessario impiegare dosi più elevate per un periodo di tempo stabilito dal medico.

La vitamina D è liposolubile e andrebbe quindi assunta insieme ai pasti, perché i grassi contenuti negli alimenti ne aumentano l’assorbimento e le consentono di raggiungere il sangue in quantità sufficienti.

Determinazione dei livelli di vitamina D in laboratorio

In generale si consiglia di controllare il livello di vitamina D due volte l’anno mediante un’analisi del siero (la parte liquida del sangue prima di cellule ematiche) volta a rilevarne la forma di trasporto (vitamina D 25(OH) o calcidiolo). I valori ottimali sono compresi tra 40 e 60 nanogrammi per millilitro, mentre si parla di carenza se il valore scende al di sotto dei 20 nanogrammi per millilitro.

Vitamina D: da considerare in caso di assunzione di farmaci e malattie

Determinati diuretici (tiazidici) impediscono la corretta escrezione del calcio, che rimane nel sangue. Anche la vitamina D determina un aumento dei livelli ematici del minerale e andrebbe assunta assieme ai tiazidici solo monitorando regolarmente il valore del calcio. I principi attivi in questione includono l’idroclorotiazide (ad esempio Esidrex®), l’indapamide (ad esempio Damide®) e lo xipamide (ad esempio Aquafor®).

Le persone affette da malattie renali non dovrebbero assumere vitamina D senza aver prima consultato il medico per via della sua capacità di aumentare l’assorbimento del calcio nell’intestino e provocare un’impennata dei suoi livelli nel sangue. I reni malati non riescono a regolarizzare la quantità in eccesso, con la conseguenza possibilità di un sovradosaggio. Anche chi soffre di calcoli renali contenenti calcio deve prestare attenzione.

Le persone affette da sarcoidosi (malattia di Boeck), una malattia infiammatoria del tessuto connettivo, hanno spesso livelli di calcio oltre la norma e non dovrebbero integrare la vitamina D.

Il ginseng ha un’azione stimolante

Meccanismo d’azione del ginseng

I componenti attivi del ginseng, noti come ginsenosidi, si trovano soprattutto nella corteccia delle radici e si ritiene possiedano proprietà ricostituenti e stimolanti. Il ginseng viene impiegato già da tempo nella medicina tradizionale per alleviare stress e stanchezza, anche se il suo esatto meccanismo d’azione non è ancora noto. Gli esperimenti sulle cellule e i primi studi sull’uomo sembrano indicare la sua capacità di prevenire la stanchezza, aumentando le prestazioni mentali e le riserve di energia.

La valutazione di più studi documenta le potenzialità del ginseng contro la stanchezza che affligge i malati cronici. Anche un lavoro di revisione di studi in parte di alto profilo fornisce indicazioni positive ed evidenzia l’efficacia di preparati a base di ginseng nell’attenuazione della stanchezza. Questo effetto non è tuttavia stato osservato negli studi di durata inferiore a sei settimane con dosi di ginseng al di sotto di 1.000 milligrammi al giorno. Sono ora necessari ulteriori studi per confermarne l’efficacia e comprenderne l’esatto meccanismo d’azione. In ogni caso i promettenti risultati dei primi studi ne rendono consigliabile l’impiego.

Dosaggio e consigli sull’assunzione del ginseng

Chi soffre si stanchezza ne può assumere 1.000 milligrammi al giorno. Gli esperti in micronutrienti consigliano spesso l’impiego di un estratto, che contiene le sostanze utili in quantità maggiori. Gli studi condotti hanno mostrato l’efficacia di 18 milligrammi di ginsenosidi o 250 milligrammi di estratto di ginseng al giorno.

Il ginseng è disponibile in compresse o capsule, da assumere preferibilmente insieme ai pasti per aumentarne la tollerabilità.

Ginseng: da considerare in caso di assunzione di farmaci, malattie e gravidanza

Il ginseng può potenziare l’azione anticoagulante di farmaci con principi attivi come il fenprocumone e il warfarin (Coumadin®). Per questa sua caratteristica non dovrebbe essere assunto prima di interventi chirurgici, poiché potrebbe aumentare la tendenza al sanguinamento delle ferite. Il suo impiego è sconsigliato anche a chi soffre di coagulopatie.

Il ginseng inibisce determinati enzimi epatici e per questo può ridurre o amplificare l’effetto dei farmaci metabolizzati dal fegato, come ad esempio l’ibuprofene (Brufen®), il diazepam (Valium®) o il diclofenac (Voltaren®). In tal caso è dunque meglio non assumerlo.

Il ginseng andrebbe evitato anche in presenza di ipertensione, cardiopatie o tumori ormono-dipendenti. La sua azione potrebbe inoltre ridurre l’indice glicemico, con la necessità di un controllo della glicemia nei pazienti diabetici.

Non sono disponibili studi sufficienti in merito all’uso del ginseng durante la gravidanza e l’allattamento, che andrebbe quindi preventivamente discusso con il medico.

Il ginkgo migliora l’irrorazione del cervello

Meccanismo d’azione del ginkgo

Il ginkgo favorisce l’irrorazione sanguigna. I problemi di circolazione riducono l’apporto di ossigeno al cervello, causando stanchezza. Ma la sua azione non si limita a questo: il ginkgo impedisce anche che i radicali liberi distruggano i globuli rossi, necessari per trasportare ossigeno ed energia sufficienti alle cellule dell’organismo. Il ginkgo potrebbe pertanto aumentare l’energia disponibile e ridurre la stanchezza.

Secondo un piccolo studio di alto livello, le persone con sclerosi multipla potrebbero trarre vantaggio dall’assunzione di estratto di ginkgo. Ai 22 pazienti sono stati somministrati 240 milligrammi di estratto di ginkgo o un placebo. Il primo gruppo ha fatto registrare con una frequenza nettamente maggiore una riduzione dei disturbi invalidanti come la stanchezza, nonché un’attenuazione della gravità dei sintomi.

Anche ansia e stress hanno ripercussioni negative sulla forma fisica e possono essere causa di stanchezza. In un primo studio su 99 rifugiati, i ricercatori hanno analizzato l’effetto del ginkgo a supporto di un trattamento psicologico. L’assunzione giornaliera di 120 milligrammi di estratto di ginkgo ha portato ad una netta diminuzione dell’affaticamento mentale e fisico nonché degli stati d’ansia in confronto alla sola terapia psicologica.

Il ginkgo è un rimedio promettente contro l’affaticamento e la stanchezza provocati da stress o malattie croniche. Ulteriori studi di alto livello hanno ora il compito di confermare i risultati ottenuti e l’eventuale efficacia del ginkgo su tutti i soggetti interessati da stanchezza. Sulla base dei dati positivi finora raccolti, l’impiego del ginkgo vale in ogni caso un tentativo.

Albero di ginkgo
Le sostanze presenti nelle foglie del ginkgo favoriscono l’irrorazione sanguigna, che a sua volta migliora l’apporto dei nutrienti alle cellule. Immagine: Istvan Balogh/iStock/Getty Images Plus

Dosaggio e consigli sull’assunzione del ginkgo

A chi soffre di stanchezza si consiglia di assumere da 100 a 200 milligrammi di estratto di ginkgo al giorno, una quantità rivelatasi efficace negli studi. Il prodotto è disponibile sotto forma di compresse o capsule, da assumere insieme ai pasti per migliorarne la tollerabilità.

Consiglio

È importante scegliere preparati di alta qualità con una quantità minima di acido di ginkgo, possibilmente inferiore allo 0,0005 percento, a causa della sua tossicità. È quindi meglio non utilizzare tè o polvere, che spesso lo contengono in grande quantità.

Ginkgo: da considerare in caso di assunzione di farmaci, malattie e gravidanza

Il ginkgo favorisce l’irrorazione sanguigna e per questo può potenziare l’azione di anticoagulanti tra cui i principi attivi warfarin (Coumadin®), clopidogrel (Plavix®, Iscover®), acido acetilsalicilico (Aspirina®, Alka-Seltzer®, Cardioaspirin®) o fenprocumone, che non andrebbero dunque assunti contemporaneamente.

Possono verificarsi interazioni anche se si assumono analgesici, come ad esempio quelli con i principi attivi ibuprofene (Moment®, Brufen®, Nurofen®), diclofenac (Voltaren®, Dicloreum®, Fenadol®) e diazepam (Ansiolin®, Valium®), con possibile potenziamento dell’efficacia e degli effetti collaterali. Il ginkgo è sconsigliato anche in combinazione con antibiotici, antidepressivi o immunosoppressori.

Il ginkgo non dovrebbe essere usato neanche in caso di epilessia, nonché in previsione di un intervento chirurgico o di un trattamento odontoiatrico, poiché il suo effetto anticoagulante aumenta la tendenza al sanguinamento delle ferite.

Anche durante la gravidanza e l’allattamento è meglio rinunciare al ginkgo in assenza di studi sufficienti sui suoi effetti.

Dosaggi in breve

Dosi giornaliere consigliate in caso di stanchezza

 

Vitamine

Vitamina B1

da 5 a 20 milligrammi (mg)

Vitamina B2

da 5 a 20 milligrammi

Vitamina B6

da 5 a 10 milligrammi

Vitamina B12 (sotto forma di metilcobalamina)

da 10 a 50 microgrammi (µg)

Acido folico (come 5-MTHF)

da 400 a 800 microgrammi

Biotina

da 100 a 150 microgrammi

Niacina

da 20 a 50 milligrammi

Acido pantotenico

da 10 a 50 milligrammi

Vitamina D

da 1.000 a 2.000 unità internazionali (UI)

  
 

Minerali

Magnesio

da 200 a 300 milligrammi

Ferro

15 milligrammi per le donne

10 milligrammi per gli uomini

  
 

Flavonoidi

Estratto di ginseng

250 milligrammi

(almeno 18 milligrammi di ginsenosidi)

Estratto di ginkgo

da 100 a 200 milligrammi

  
 

Altri nutrienti

Coenzima Q10

da 100 a 300 milligrammi

Esami di laboratorio consigliati in breve

Esami di laboratorio consigliati in caso di stanchezza

 

Valori normali

Vitamina D

da 40 a 60 nanogrammi per millilitro (ng/ml)

Magnesio (sangue intero)

da 1,38 a 1,5 millimoli per litro (mmol/l)

Ferro

Emoglobina:

Donne: 12 grammi per decilitro (g/dl)

Uomini: 15 grammi per decilitro

 

Ferritina (proteina di trasporto):

Donne: da 23 a 110 microgrammi per litro (µg/l)

Uomini: da 34 a 310 microgrammi per litro

Classificazione
Test ematico della ferritina
In caso di stanchezza persistente è opportuno controllare l’apporto di ferro, una cui carenza è la causa più frequente del problema. Immagine: morgan23/iStock/Getty Images Plus

Riepilogo

La stanchezza può avere varie cause: mancanza di riposo, malattie come sclerosi multipla, cardiopatie o diabete, nonché effetti collaterali dei farmaci. Se la stanchezza è costante, occorre identificarne la causa e combatterla, anche con l’aiuto di vitamine, minerali e flavonoidi.

Le vitamine del gruppo B influenzano importanti processi dell’organismo. La stanchezza è spesso indicativa di una carenza di vitamine del gruppo B, che partecipano al metabolismo energetico e alla produzione dei globuli rossi e potrebbero alleviare la stanchezza, soprattutto se dovuta allo stress. Il coenzima Q10, che supporta la produzione di energia all’interno delle cellule, potrebbe essere efficace contro la stanchezza come effetto collaterale di farmaci.

Una carenza di magnesio o vitamina D si manifesta a sua volta con stanchezza. Le sperimentazioni lasciano supporre che la stanchezza, soprattutto se associata a malattie croniche, sia da ricondurre a bassi livelli di magnesio e vitamina D, per cui è importante assicurarne un corretto apporto. Anche la carenza di ferro provoca stanchezza per via della quantità insufficiente di ossigeno trasportato alle cellule dal minerale.

Il ginseng e il ginkgo contengono determinati flavonoidi che in Asia vengono impiegati già da secoli contro affaticamento e stanchezza. Anche i risultati dei primi studi indicano la potenziale efficacia del ginseng e del ginkgo contro la stanchezza dovuta alle cause più diverse.

Classificazione

Indice degli studi e delle fonti

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