Artrite reumatoide: meno disturbi con i micronutrienti

Come coadiuvare il trattamento dell’artrite reumatoide e alleviare gli effetti collaterali dei farmaci con vitamine, minerali e altre sostanze

Immagine della ossa della mano
Nell’artrite reumatoide il sistema immunitario attacca la cartilagine articolare, distruggendola progressivamente, con conseguenti infiammazioni, dolori e riduzione della mobilità. Immagine: horillaz/iStock/Getty Images Plus

L’artrite reumatoide è una malattia infiammatoria che colpisce e distrugge le articolazioni. Ad oggi non esiste una cura, ma le infiammazioni, i dolori e il processo degenerativo della cartilagine possono essere contenuti, ad esempio con l’ausilio di molti micronutrienti, che possono contribuire a rallentare la progressione della malattia. Scoprite qui le sostanze più adeguate e il loro impiego corretto.

Cause e sintomi

Che cos’è l’artrite reumatoide?

L’artrite reumatoide, spesso chiamata anche reumatismi, è la malattia articolare infiammatoria più frequente, che si manifesta con un’incidenza quasi doppia nelle donne rispetto agli uomini. Il termine “reumatismi” viene però più precisamente utilizzato per raggruppare una serie di malattie reumatiche differenti.

Il disturbo è provocato da un errore di funzionamento del sistema immunitario, che aggredisce la cartilagine articolare (malattia autoimmune), provocando reazioni infiammatorie incontrollate che distruggono le articolazioni. Le cause dell’artrite reumatoide sono ancora ampiamente sconosciute, anche se si suppone che la sua comparsa possa essere favorita da determinati elementi, tra cui una predisposizione genetica nonché fattori ambientali come l’inquinamento atmosferico e il fumo. Anche lo stress ossidativo provoca infiammazioni, da cui viene a sua volta amplificato.

Quali sono i sintomi dell’artrite reumatoide?

Mani contratte dai dolori
Le articolazioni di mano e dita colpite da artrite reumatoide sono spesso interessate da deformazioni. Altri sintomi tipici sono rigidità articolare, gonfiori e dolori. Immagine: chaowalit407/iStock/Getty Images Plus

L’artrite reumatoide può comparire in modo improvviso o progressivo. Nella fase iniziale si manifesta spesso con dolori lancinanti a carico di articolazioni, muscoli e ossa. La progressione della malattia, che di solito interessa più regioni del corpo (almeno due), porta alla distruzione nel tempo delle articolazioni, colpite da danni irreparabili.

Le conseguenze includono perdita di funzione e mobilità, gonfiori, modifica dell’aspetto esteriore e rigidità articolare, un sintomo tipico che compare comunemente al mattino e permane per almeno un’ora. Una mano colpita da artrite reumatoide in stadio avanzato appare spesso curva e serrata. I pazienti accusano di frequente sintomi simili a quelli dell’influenza, come stanchezza, febbre e perdita di peso.

Classificazione

Obiettivi del trattamento

Qual è il trattamento classico dell’artrite reumatoide?

L’artrite reumatoide è cronica e, ad oggi, incurabile. Una diagnosi precoce può tuttavia permettere di arrestarla ed evitare la comparsa di dolori per un periodo prolungato. Se la malattia è in fase avanzata, la terapia ha l’obiettivo di rallentarne la progressione, con l’impiego dei seguenti principi attivi:

  • Metotrexato (MTX): l’MTX (ad esempio Immutrex®, Reumaflex®, Velos®) è finora il farmaco più importante nel trattamento dell’artrite reumatoide. Regola il sistema immunitario e può rallentare il processo degenerativo a carico delle articolazioni. La sua piena efficacia si manifesta però solo dopo 4-16 settimane di trattamento.
  • Cortisone: il cortisone (glucocorticoidi) viene affiancato all’MTX finché quest’ultimo non apporta i benefici previsti. I principi attivi includono ad esempio prednisolone (come Idelt®, Sintredius®), desametasone (come Decadron®) e budesonide (come Bidien®).

In caso di intolleranza all’MTX, si ricorre ad altri principi attivi, che a loro volta frenano l’iperattività del sistema immunitario e/o alleviano le infiammazioni:

  • Leflunomide ad esempio Arava®
  • Sulfasalazina ad esempio Salazopyrin®
  • Idrossiclorochina ad esempio Plaquenil®
  • Azatioprina ad esempio Immunoprin®, Azafor®
  • Inibitori del fattore di necrosi tumorale alfa (inibitori del TNF-alfa): adalimumab (Humira®), certolizumab (Cimzia®), etanercept (Enbrel®), golimumab (Simponi®) e infliximab (Flixabi®, Inflectra®)
  • Altri: sarilumab (Kevzara®) e tocilizumab (RoActemra®), rituximab (MabThera®), abatacept (Orencia®)

In caso di recidive acute è possibile somministrare analgesici, i cosiddetti farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), che alleviano dolori e infiammazione. Del gruppo fanno parte principi attivi come l’ibuprofene (Brufen®), il diclofenac (Voltaren®) e l’acido acetilsalicilico (Aspirina®).

Il trattamento farmacologico viene integrato da terapie complementari, come:

  • Fisioterapia, ergoterapia e attività sportiva, finalizzate alla conservazione della funzionalità articolare il più a lungo possibile. Lo sport rafforza inoltre la muscolatura, ma dovrebbe essere evitato nelle fasi acute della malattia. Nuoto, bicicletta e ginnastica sono tra le discipline più adatte.
  • Assistenza psicologica: aiuta i pazienti a convivere con la malattia.
  • Ausili ortopedici: la quotidianità può essere resa più facile dall’impiego di molti strumenti, tra cui scarpe o plantari ortopedici, tutori e ausili per la deambulazione.

Gli obiettivi della medicina dei micronutrienti

La medicina dei micronutrienti si prefigge l’obiettivo di integrare la terapia classica dell’artrite reumatoide e ridurre le infiammazioni articolari, con un’eventuale mitigazione dei disturbi. Determinati micronutrienti combattono le infiammazioni e riducono lo stress ossidativo. Allo stesso tempo occorre assicurare che le articolazioni vengano nutrite in modo ottimale. A tal fine si impiegano:

  • Antiossidanti come le vitamine C ed E, il selenio e lo zinco, che contrastano lo stress ossidativo e alleviano le infiammazioni.
  • Sostanze vegetali antiossidanti, come la curcumina, la quercetina e il resveratrolo, che alleviano i disturbi.
  • Glucosamina e condroitina, che nutrono la cartilagine articolare.
  • Acido ialuronico, che lubrifica le articolazioni.
  • Collagene nativo di tipo II, che sembra frenare l’attacco contro il collagene presente nell’organismo e ridurre i sintomi.
  • Acidi grassi omega-3, che inibiscono le infiammazioni.
  • Vitamina D, che controlla il sistema immunitario e migliora il benessere generale.

Alcuni dei medicinali impiegati nella terapia farmacologica classica possono provocare una carenza di elementi essenziali ed effetti collaterali, evitabili ricorrendo alla medicina dei micronutrienti.

Classificazione

Trattamento con i micronutrienti

Gli antiossidanti rallentano la progressione dell’artrite reumatoide

Meccanismo d’azione degli antiossidanti

Gli antiossidanti come la vitamina E, la vitamina C e il selenio concorrono a instaurare un rapporto di equilibrio tra radicali liberi e antiossidanti. Un eccesso di radicali liberi può danneggiare tessuti e articolazioni. Nelle persone con artrite reumatoide la presenza di infiammazioni, che portano alla produzione di radicali liberi, aumenta in generale il fabbisogno di antiossidanti. Tuttavia, chi è affetto dalla malattia presenta un sistema di difesa antiossidante compromesso, nonché livelli ematici di antiossidanti e vitamina C inferiori rispetto ai soggetti sani, come indicato da uno studio osservazionale. La vitamina C è inoltre importante per la produzione del collagene, un componente essenziale della cartilagine articolare.

La vitamina E potrebbe essere in grado di alleviare i dolori dovuti all’artrite reumatoide e inibire la comparsa dei messaggeri infiammatori, come risultato da uno studio di piccole dimensioni ma di alto livello, in cui la somministrazione di vitamina E (1.200 milligrammi) a dosi elevate ha alleviato sia i dolori mattutini e serali sia la sofferenza dopo il movimento. L’impiego di dosi contenute di vitamina E (40 milligrammi) in combinazione con vitamina C, vitamina A, zinco e selenio non ha prodotto un effetto analgesico, ma ha fatto registrare una netta diminuzione dei valori infiammatori, secondo l’esito di uno studio preliminare. A conclusioni simili è giunta anche la valutazione di una prima serie di sperimentazioni: l’assunzione di antiossidanti potrebbe rallentare la progressione della malattia e attenuare le infiammazioni attive nell’organismo.

L’influenza dello stress ossidativo sull’artrite reumatoide è in ogni caso dimostrata. Adesso occorre definire l’esatto grado di efficacia degli antiossidanti a supporto della terapia tradizionale. I promettenti risultati dei primi studi ne rendono comunque consigliabile l’impiego.

Dosaggio e consigli sull’assunzione di antiossidanti

In presenza di artrite reumatoide, gli esperti in micronutrienti consigliano di seguire un’alimentazione ricca di antiossidanti o di ricorrere a preparati misti in cui i vari elementi si supportano a vicenda nel loro meccanismo d’azione. Le seguenti dosi giornaliere possono essere utili:

  • Da 100 a 300 milligrammi di vitamina C
  • Da 20 a 50 milligrammi di vitamina E
  • 50 e 100 microgrammi di selenio
  • 10 milligrammi di zinco

Previa consultazione medica è inoltre possibile avviare una terapia a base di vitamina E, con dosi giornaliere di 400 milligrammi, utilizzando di preferenza un preparato contenente tutti gli otto tocoferoli e tocotrienoli. L’assunzione del solo alfa-tocoferolo isolato a dosaggi elevati può favorire infatti l’ossidazione e danneggiare le cellule.

La tollerabilità ottimale degli antiossidanti è garantita dalla loro assunzione insieme ai pasti, che migliora inoltre l’assimilazione a livello intestinale della vitamina E liposolubile grazie ai grassi presenti negli alimenti.

Consiglio

I preparati misti non devono contenere il selenio sotto forma di selenito di sodio, poiché la vitamina C ne può limitare l’assorbimento. Questo non accade invece con il selenato di sodio.

Alimenti ricchi di antiossidanti
In presenza di malattie infiammatorie, i medici esperti in micronutrienti consigliano sempre un’alimentazione ricca di antiossidanti, che può essere integrata con preparati misti. Immagine: Lisovskaya/iStock/Getty Images Plus

Determinazione dei livelli degli antiossidanti come il selenio in laboratorio

In presenza di artrite reumatoide può essere opportuno verificare l’apporto di antiossidanti, come ad esempio il selenio. Il modo migliore consiste nel rilevarne la quantità nel sangue intero. Sono considerati normali valori compresi tra 120 e 150 microgrammi.

Poiché il selenio comporta il rischio di sovradosaggio, è consigliabile controllarne i livelli ematici, in particolare in caso di assunzione prolungata di dosi elevate (oltre i 100 microgrammi).

Antiossidanti: da considerare in caso di malattie e assunzione di farmaci

I pazienti affetti da malattie renali dovrebbero assumere il selenio solo sotto monitoraggio costante dei suoi livelli, poiché i reni debilitati non sono in grado di eliminarlo come necessario. Lo stesso dicasi per lo zinco.

La vitamina C, che aumenta l’assorbimento del ferro nel sangue, in presenza di emocromatosi ne provoca accumuli eccessivi nell’organismo e pertanto andrebbe assunta solo sotto controllo medico.

Solitamente non esiste motivo di temere la comparsa di effetti indesiderati durante l’assunzione concomitante di vitamina C e farmaci. Un’eccezione è rappresentata dal principio attivo bortezomib (ad esempio Velcade®), utilizzato nella terapia antitumorale. Negli esperimenti sugli animali, infatti, la vitamina C ha ridotto l’efficacia di questo farmaco antileucemico, pertanto il suo impiego durante una terapia di questo tipo dovrebbe avvenire solo dopo un’approfondita valutazione da parte del medico curante.

I principi attivi dei farmaci anticoagulanti, come il fenprocumone o l’acido acetilsalicilico (Aspirina® e Lixiana®), possono essere influenzati dalla vitamina E, la cui assunzione a dosi superiori a 50 microgrammi deve pertanto essere sempre discussa con un medico. In quantità elevate la vitamina E può inoltre ridurre la coagulazione sanguigna e per questo l’impiego di preparati che la contengono dovrebbe essere sospeso circa due settimane prima di un intervento chirurgico programmato. Un’eventuale carenza di vitamina K associata a gravi malattie digestive deve essere risolta prima dell’integrazione di vitamina E.

I fumatori non dovrebbero assumere più di 50 milligrammi di vitamina E al giorno poiché sono esposti ad un rischio maggiore di emorragia cerebrale nonché a una probabilità leggermente superiore di sviluppare un tumore ai polmoni. In assenza di dati definitivi si sconsiglia pertanto ai fumatori l’impiego di vitamina E (alfa-tocoferolo) a dosi elevate.

Flavonoidi antiossidanti: curcumina, quercetina e resveratrolo alleviano i sintomi

Meccanismo d’azione di curcumina, quercetina e resveratrolo

Accanto a vitamina C, vitamina E, selenio e zinco, il gruppo degli antiossidanti include anche flavonoidi come la curcumina, la quercetina e il resveratrolo. Gli esperimenti di laboratorio evidenziano la loro capacità di intercettare i radicali liberi, limitando così i danni provocati dalle infiammazioni. A ciò si aggiungono proprietà antinfiammatorie.

Un piccolo studio di alto profilo ha mostrato come l’assunzione di curcumina per 90 giorni, a differenza del placebo, abbia ridotto in maniera misurabile dolori e infiammazioni. Anche uno studio preliminare ha riscontrato l’efficacia della curcumina nella riduzione dei disturbi, con risultati superiori a quelli ottenuti con il principio attivo farmacologico diclofenac e senza la comparsa di problemi ed effetti collaterali. Attraverso la valutazione di più studi, i ricercatori sono giunti alla conclusione che la curcumina possa essere usata a supporto della terapia per l’artrite reumatoide e che possa contribuire ad alleviare i sintomi.

Anche l’assunzione di quercetina per otto settimane nell’ambito di uno studio di alto livello ha portato ad un miglioramento tangibile del quadro clinico dell’artrite reumatoide, con una mitigazione dei sintomi e l’abbassamento dei valori di infiammazione. Nei pazienti con artrosi, l’assunzione di un preparato misto con quercetina ha ridotto inoltre la comparsa di dolori, come indicato da uno studio preliminare. Questo effetto non è stato però riscontrato nei soggetti affetti da artrite reumatoide, forse a causa dell’attività infiammatoria nettamente superiore della malattia.

In uno studio controllato con placebo della durata di tre mesi, l’assunzione quotidiana di resveratrolo ha portato alla riduzione dei dolori alla pressione e del gonfiore articolare. Sulla base dei risultati ottenuti, i ricercatori suggeriscono il resveratrolo come integrazione alla terapia tradizionale.

In conclusione si può affermare che lo stress ossidativo partecipa alla progressione dell’artrite reumatoide. Antiossidanti come la curcumina, la quercetina e il resveratrolo possono contribuire ad alleviarne i sintomi, ma la dimostrazione definitiva della loro efficacia deve essere confortata da ulteriori studi di alto livello e di più ampio respiro.

Dosaggio e consigli sull’assunzione di curcumina, quercetina e resveratrolo

A supporto della terapia per l’artrite reumatoide gli esperti in micronutrienti consigliano di assumere ogni giorno fino a 1.000 milligrammi di curcumina, 500 milligrammi di quercetina e 500 milligrammi di resveratrolo, preferibilmente insieme ai pasti per aumentarne la tollerabilità.

Curcumina in forma di polvere
La curcumina, il pigmento giallo della radice di curcuma, viene male assorbita dall’intestino. Per ovviare a questo inconveniente, i produttori di preparati ricorrono a più stratagemmi, tra cui l’impiego in combinazione con la piperina, una sostanza ricavata dal pepe. Immagine: Animaflora/iStock/Getty Images Plus

Consiglio

Sul mercato sono disponibili anche preparati misti, in cui le dosi dei singoli flavonoidi sono inferiori ed equilibrate tra loro.

Curcumina, quercetina e resveratrolo: da considerare in caso di gravidanza, allattamento, malattie e assunzione di farmaci

La curcumina, la quercetina e il resveratrolo non dovrebbero essere impiegati durante la gravidanza e l’allattamento poiché non sono disponibili studi sufficienti che ne attestino la sicurezza.

La curcumina stimola la produzione di bile e non dovrebbe pertanto essere assunta in presenza di calcoli biliari, né da soggetti con tendenza all’iperproduzione di acido biliare. Un eccesso di bile può provocare diarrea. In alcuni casi la curcumina potrebbe peggiorare i valori epatici, che devono essere controllati in caso di assunzione prolungata.

Le persone con malattie renali dovrebbero assumere la quercetina solo dopo aver consultato il proprio medico. Gli esperimenti sugli animali mostrano infatti come la quercetina possa provocare problemi in caso di funzionalità renale compromessa.

Gli esperimenti di laboratorio indicano come la curcumina, la quercetina e il resveratrolo inibiscano la produzione degli enzimi epatici deputati alla degradazione dei farmaci. Per questo motivo il loro impiego in caso di assunzione di altri farmaci dovrebbe essere discusso con un medico:

  • Non è ancora chiaro se la curcumina influenzi l’efficacia dei principi attivi farmacologici warfarin (Coumadin®) e clopidogrel (Flodigrel®, Plavix®). Per sicurezza, la sua assunzione dovrebbe essere accompagnata dal controllo regolare dei valori di coagulazione sanguigna.
  • La quercetina, ad esempio, non dovrebbe essere integrata in caso di assunzione di benzodiazepine (come Frontal®, Valeans®), calcioantagonisti (Norvasc®), immunosoppressori (Colinsan®), statine (Zocor®) e antibiotici come gli inibitori della DNA girasi e i chinolonici (Ciloxan®) o gli antibiotici macrolidi (Eritrocina®). Si ipotizza inoltre un aumento della propensione al sanguinamento in caso di assunzione concomitante di anticoagulanti come il fenprocumone, che tuttavia non è stato dimostrato.
  • Il resveratrolo inibisce la coagulazione del sangue e potrebbe amplificare l’effetto dei farmaci anticoagulanti, tra cui l’acido acetilsalicilico (Aspirina®) e il clopidogrel (Plavix®, Flodigrel®).

La glucosamina e la condroitina contribuiscono a migliorare il processo nutritivo delle articolazioni?

Meccanismo d’azione della glucosamina e della condroitina

Formula chimica della glucosamina
La glucosamina è un componente di base di tessuto connettivo, cartilagine, tendini, legamenti e liquido sinoviale. Immagine: Bacsica/iStock/Getty Images Plus

La glucosamina e la condroitina, componenti naturali della cartilagine e del liquido sinoviale, sono importanti per il nutrimento della cartilagine e svolgono una funzione protettiva. Si suppone che entrambe le sostanze siano in grado di alleviare i dolori articolari e rallentare la degradazione della cartilagine. Uno studio preliminare illustra le proprietà analgesiche della glucosamina in caso di artrite reumatoide.

Per l’artrosi è disponibile un numero di sperimentazioni di gran lunga maggiore. Una valutazione di più studi mostra che l’assunzione di glucosamina e condroitina allevia i dolori a carico dell’articolazione del ginocchio, con un’efficacia paragonabile a quella degli analgesici (farmaci antinfiammatori non steroidei, FANS). I risultati di un altro lavoro di revisione indicano che anche la condroitina da sola è in grado di alleviare i dolori, mentre la glucosamina favorisce la riduzione della rigidità articolare. Nel complesso, l’azione positiva di glucosamina e condroitina nel trattamento dell’artrosi sembra confermata da molti studi, seppure con un livello di efficacia che varia da un paziente all’altro. L’effettiva utilità di una combinazione di glucosamina e condroitina deve essere confermata da ulteriori studi. Soprattutto le persone affette da dolori alle ginocchia potrebbero trarre giovamento dalla loro assunzione congiunta.

Il trattamento dell’artrite reumatoide è reso difficile dalla presenza di un forte processo infiammatorio. Anche in questo caso l’efficacia delle due sostanze è documentata dai primi risultati, che tuttavia necessitano di un ulteriore approfondimento. Molto ben tollerate in presenza di artrosi, la glucosamina e la condroitina sono da tenere in considerazione anche per il trattamento dell’artrite.

Dosaggio e consigli sull’assunzione di glucosamina e condroitina

I medici specializzati in micronutrienti consigliano 1.500 milligrammi di glucosamina al giorno, abbinata a una dose di condroitina compresa tra 800 e 1.200 milligrammi. Nella maggior parte dei casi si suggerisce l’assunzione di glucosamina solfato, ben studiata e probabilmente più efficace della glucosamina cloridrato.

La dose quotidiana può essere anche suddivisa in due o tre porzioni, da assumere per un periodo di otto-dieci settimane, seguito da una pausa. Il momento ideale per l’assunzione della glucosamina e condroitina è insieme ai pasti, perché in questo modo ne aumenta la tollerabilità.

Glucosamina e condroitina: da considerare in caso di gravidanza, allattamento, malattie e assunzione di farmaci

La glucosamina e la condroitina non dovrebbero essere assunte durante la gravidanza e l’allattamento perché non sono disponibili studi sufficienti che ne attestino la sicurezza.

I diabetici che fanno uso di glucosamina devono controllare più spesso la glicemia, poiché questa sostanza potrebbe ridurre la sensibilità all’insulina e ostacolare il controllo del livello di zucchero nel sangue. Anche i pazienti ipertesi e con lipidi ematici oltre la norma dovrebbero controllare con maggiore frequenza i relativi valori, che potrebbero aumentare ulteriormente per effetto della glucosamina e della condroitina.

In presenza di una malattia epatica, l’impiego di glucosamina e condroitina dovrebbe essere discusso con un medico. Lo stesso vale per il cancro, a causa dell’influenza generica che tali sostanze sono in grado di esercitare sul metabolismo. Non si sa con certezza se la glucosamina possa provocare attacchi d’asma. Per questo motivo, chi soffre di tale patologia dovrebbe sempre avere con sé i farmaci necessari.

La glucosamina e la condroitina possono amplificare l’azione degli anticoagulanti, tra cui i principi attivi eparina (Epsodilave®) e warfarin (Coumadin®). L’eventuale assunzione di anticoagulanti deve avvenire sotto stretto monitoraggio dei valori di coagulazione da parte di un medico.

Se assunta contemporaneamente ad alcuni antibiotici, come il cloramfenicolo (Sificetina®) o la penicillina V (fenossimetilpenicillina), la glucosamina potrebbe ridurre l’assorbimento dei principi attivi, al contrario di quanto accade con l’impiego concomitante di glucosamina e tetraciclina (ad esempio Ambramicina®). Per questo le due sostanze andrebbero assunte ad almeno due ore di distanza l’una dall’altra.

L’acido ialuronico lubrifica le articolazioni

Meccanismo d’azione dell’acido ialuronico

L’acido ialuronico è presente soprattutto nel liquido sinoviale, dove ha il compito di ridurre l’attrito nelle articolazioni, proteggendo al contempo la cartilagine. L’acido ialuronico può essere iniettato direttamente nello spazio articolare o essere assunto sotto forma di capsule. Le iniezioni aumentano il rischio di infezioni e dovrebbero pertanto essere precedute da un tentativo di somministrazione orale.

Immagine di molecole di acido ialuronico
L’acido ialuronico lega grandi quantità d’acqua all’interno delle articolazioni, proteggendole così da attrito e urti con la sua funzione di lubrificante. Non è ancora ben chiaro come l’acido ialuronico agisca una volta assunto. Immagine: Rost-9D/iStock/Getty Images Plus

Informazioni

Il meccanismo d’azione dell’acido ialuronico ingerito non è ancora stato esaminato in modo approfondito. Studi condotti su cellule intestinali umane mostrano come i suoi frammenti vengano assorbiti meglio rispetto alle molecole di grandi dimensioni. Nell’intestino i ricercatori hanno inoltre identificato determinati recettori ai quali l’acido ialuronico si fissa, probabilmente attivando il rilascio di neurotrasmettitori antinfiammatori.

Nell’ambito delle ricerche già disponibili sull’artrosi, in uno studio preliminare la somministrazione di acido ialuronico, sia mediante iniezione sia per via orale (in combinazione con estratto di incenso), ha alleviato i dolori al ginocchio. Anche una piccola sperimentazione di alto profilo e altri studi preparatori mostrano che l’assunzione di acido ialuronico per otto o più settimane porta ad una netta riduzione dei dolori e della rigidità provocati dall’artrosi. Nei suddetti casi l’acido ialuronico è stato abbinato anche alla condroitina. L’acido ialuronico si è mostrato particolarmente efficace in parallelo a esercizi di potenziamento, secondo quanto riscontrato in un ulteriore studio di alto livello.

In virtù degli esiti positivi degli studi e della buona tollerabilità dimostrata in presenza di artrosi, l’acido ialuronico potrebbe rivelarsi altrettanto utile nel trattamento dell’artrite reumatoide. I suoi benefici effettivi devono tuttavia essere confermati da ulteriori ricerche di alto livello.

Dosaggio e consigli sull’assunzione dell’acido ialuronico

In presenza di infiammazioni articolari gli esperti in micronutrienti consigliano da 80 a 240 milligrammi di acido ialuronico al giorno, da assumere con regolarità perché viene rapidamente degradato dall’organismo.

L’acido ialuronico è disponibile in pratiche capsule e in polvere solubile da disciogliere in acqua. I preparati vanno assunti insieme ai pasti con un po’ di liquido.

Uso del collagene nativo di tipo II per alleviare i sintomi dell’artrite reumatoide

Meccanismo d’azione del collagene nativo di tipo II

Il collagene è un importante componente delle articolazioni che svolge una funzione di supporto. Nell’artrite reumatoide il sistema immunitario attacca anche il collagene, come dimostrato dagli anticorpi che lo contrastano, individuati nel sangue dei pazienti. La presenza di collagene nell’intestino può aumentarne la tollerabilità da parte dell’organismo, che impara nuovamente a riconoscerlo come elemento costituente delle articolazioni. È importante che il collagene sia presente nell’intestino nella forma nativa di tipo II, che si ritrova anche nella cartilagine. Una forma contrapposta è rappresentata dal collagene denaturato, sottoposto a frantumazione (collagene idrolizzato).

Negli studi il collagene nativo di tipo II è riuscito a sopprimere una reazione immunitaria indesiderata e la formazione di anticorpi, manifestando la massima efficacia se impiegato a piccole dosi, poiché il sistema immunitario lo rileva anche in quantità minime. In un altro studio di alto livello, la sua assunzione per sei mesi ha fatto registrare una diminuzione dei dolori del 20 percento rispetto al placebo. L’impiego del collagene nativo di tipo II in uno studio preliminare è riuscito anche mitigare altri disturbi, come i gonfiori articolari. La sua somministrazione per tre mesi in uno studio di alto livello ha addirittura arrestato la progressione della malattia in quattro pazienti, mentre negli altri ha ridotto i gonfiori articolari e la sensibilità al dolore. Questi effetti non si sono manifestati nel gruppo trattato con placebo.

Il collagene nativo di tipo II, oltre a essere estremamente tollerabile, sembra essere efficace nel contenere la reazione immunitaria contro il collagene presente nella cartilagine quando il paziente ha già sviluppato i relativi anticorpi. La dimostrazione definitiva di questa sua proprietà deve essere tuttavia confortata da ulteriori studi di alto livello e di più ampio respiro.

Dosaggio e consigli sull’assunzione del collagene nativo di tipo II

In caso di artrite reumatoide si consigliano 20 milligrammi al giorno di collagene nativo di tipo II. Le dosi giornaliere impiegate negli studi sono tuttavia molto diverse tra loro e comprese tra 0,02 e 40 milligrammi. La quantità ottimale deve essere definita mediante ulteriori ricerche. Spesso anche dosi molto basse sono sufficienti a provocare una reazione del sistema immunitario.

Il collagene nativo di tipo II va assunto di preferenza a stomaco vuoto, anche se gli alimenti ne aumentano la tollerabilità.

I dolori provocati dall’artrite possono essere controllati con gli acidi grassi omega-3?

Meccanismo d’azione degli acidi grassi omega-3

Gli acidi grassi omega-3 possiedono proprietà antinfiammatorie, soprattutto l’acido eicosapentaenoico (EPA) e l’acido docosaesaenoico (DHA) ricavati dal pesce. Gli acidi grassi omega-3 impediscono la produzione dei messaggeri infiammatori dall’acido arachidonico, un acido grasso che favorisce le infiammazioni contenuto ad esempio nella carne. Gli acidi grassi omega-3 vengono invece utilizzati dall’organismo per la formazione di messaggeri antinfiammatori.

Uno studio osservazionale ha mostrato come soprattutto la percentuale dell’acido grasso omega-3 EPA nel sangue potrebbe essere determinante per i pazienti con artrite reumatoide: un’alimentazione ricca di EPA viene infatti associata a una debole attività della malattia. I soggetti con una quantità maggiore di EPA nel sangue rispondono inoltre meglio ai farmaci antireumatici. I benefici degli acidi grassi omega-3 vengono illustrati anche da uno studio preliminare, in cui il loro impiego mirato sui pazienti ha fatto registrare una riduzione dell’attività della malattia.

L’integrazione di acidi grassi omega-3 nei soggetti con artrite reumatoide potrebbe alleviare i dolori articolari e accorciare la durata della rigidità mattutina. Anche il fabbisogno di analgesici (farmaci antinfiammatori non steroidei, FANS) potrebbe ridursi, secondo i risultati di un lavoro di revisione. L’effetto benefico degli acidi grassi omega-3 sull’artrite reumatoide viene inoltre sottolineato dalla valutazione di una serie di 20 studi, in parte anche di alto livello, 16 dei quali ne documentano l’efficacia nell’alleviare i disturbi legati alla malattia. Un consumo elevato di acidi grassi omega-3 viene consigliato anche da commissioni di esperti.

Dosaggio e consigli sull’assunzione degli acidi grassi omega-3

Gli esperti in micronutrienti consigliano di assumere da 1.000 a 2.000 milligrammi di acidi grassi omega-3 al giorno, ad esempio sotto forma di capsule di olio di pesce, assicurandosi che la percentuale di EPA sia di almeno 1.400 milligrammi. Questo dosaggio, rivelatosi efficace negli studi, può essere aumentato fino a 4.000 milligrammi con il consenso del medico.

Gli acidi grassi omega-3 dovrebbero essere sempre assunti insieme ai pasti, poiché i grassi contenuti negli alimenti ne favoriscono l’assorbimento nell’organismo.

Consiglio

Al momento dell’acquisto di un preparato a base di olio di pesce occorre prestare attenzione alla qualità, preferendo un prodotto purificato e pertanto privo di sostanze nocive. Un’alternativa è rappresentata dall’olio di krill, caratterizzato per natura da un grado di purezza superiore.

Capsule di omega-3
Gli acidi grassi omega-3 hanno un effetto antinfiammatorio, e uno studio panoramico documenta come il loro impiego possa ridurre il fabbisogno di analgesici. Immagine: mansichirps/iStock/Thinkstock

Determinazione dei livelli di acidi grassi omega-3 in laboratorio

L’indice omega-3, misurato nei globuli rossi (eritrociti) ed espresso in percentuale, consente di valutare l’apporto degli acidi grassi omega-3 (EPA e DHA), che è corretto in caso di valori superiori all’8 percento.

Acidi grassi omega-3: da considerare in caso di assunzione di farmaci e malattie

Gli acidi grassi omega-3 fluidificano il sangue e, a partire da dosi giornaliere di 1.000 milligrammi, possono amplificare l’effetto degli anticoagulanti, tra cui principi attivi come il warfarin (ad esempio Coumadin®), l’acido acetilsalicilico (Aspirina®) e l’eparina (Calciparina®). L’assunzione degli acidi grassi omega-3 dovrebbe pertanto essere concordata con il medico, sotto stretto controllo dei valori di coagulazione del sangue. Lo stesso principio va adottato anche in presenza di un disturbo della coagulazione di origine patologica.

L’assunzione di preparati a base di omega-3, che possono inibire la coagulazione del sangue, dovrebbe essere sospesa una o due settimane prima di un intervento chirurgico programmato, per essere poi ripresa dopo la procedura.

L’integrazione di acidi grassi omega-3 dovrebbe essere evitata all’improvviso verificarsi delle seguenti situazioni: malattie epatiche, pancreatite e colecistite.

La vitamina D nella prevenzione dell’artrite reumatoide

Meccanismo d’azione della vitamina D

La vitamina D regola il sistema immunitario e garantisce la salute delle ossa. Una sua carenza può favorire la comparsa di malattie autoimmuni, come l’artrite reumatoide. Uno studio osservazionale ha rilevato come oltre la metà dei pazienti affetti da artrite reumatoide presenti livelli insufficienti di vitamina D, che influenzano la gravità della malattia, come emerso da un ulteriore studio analogo. Un apporto inadeguato di vitamina D viene inoltre associato a malattie concomitanti come l’osteoporosi, che compare spesso con l’artrite reumatoide.

L’integrazione di vitamina D può influire positivamente sullo stato di salute generale e sull’attività della malattia, come emerso da un piccolo studio di alto livello in cui i partecipanti, accanto alla terapia tradizionale a base di metotrexato (MTX) e glucocorticoidi, hanno ricevuto anche una dose singola di 300.000 unità internazionali di vitamina D. La vitamina D potrebbe anche ridurre i dolori, come mostrato da due studi preliminari, il cui esito non è stato però confermato da altre ricerche, alcune delle quali anche di alto profilo, che non sono riuscite ad individuare alcun effetto benefico. È tuttavia opportuno chiedersi se, nei suddetti casi, i valori della vitamina D nel sangue abbiano raggiunto livelli ottimali. L’analisi ha cercato inoltre di individuare un eventuale contributo della vitamina D nel mantenimento di fasi asintomatiche della malattia. Un lavoro di revisione indica che l’azione della vitamina D potrebbe limitare il numero delle recidive.

Una carenza di vitamina D dovrebbe in ogni caso essere scongiurata in presenza di artrite reumatoide. Non è tuttavia possibile trarre conclusioni definitive sull’influsso esercitato della vitamina D sul trattamento della malattia e sulla sua utilità nei pazienti non carenti. A tal fine sono necessari ulteriori studi di alto livello.

Dosaggio e consigli sull’assunzione della vitamina D

La dose giornaliera consigliata di vitamina D se non se ne conosce il valore ematico è compresa tra 1.000 e 2.000 unità internazionali. La quantità esatta dovrebbe essere definita con un esame del sangue. In caso di carenza grave, il medico solitamente prescrive un dosaggio elevato per un periodo di tempo prestabilito.

La vitamina D è liposolubile e pertanto dovrebbe essere assunta insieme ai pasti affinché possa essere meglio assorbita dall’organismo.

Determinazione dei livelli di vitamina D in laboratorio

Coppia al sole
La vitamina D è spesso carente in inverno: l’organismo è in grado di produrla attraverso l’esposizione della cute al sole, ma l’irraggiamento dei mesi freddi non è sufficiente. Immagine: Wavebreakmedia/iStock/Getty Images Plus

In presenza di artrite reumatoide si consiglia di controllare regolarmente il livello di vitamina D, preferibilmente due volte l’anno. Questo valore viene determinato nel siero ed è normale se compreso tra 40 e 60 nanogrammi. Al di sotto di 20 nanogrammi per millilitro si parla di carenza.

Vitamina D: da considerare in caso di assunzione di farmaci e malattie

Se assunta assieme a determinati diuretici (diuretici tiazidici), la vitamina D riduce l’escrezione renale del calcio, che rimane così nel sangue. Tra i principi attivi farmacologici interessati si annoverano l’idroclorotiazide (Esidrex®), l’indapamide (Ipamix®) e lo xipamide (ad esempio Aquafor®). La vitamina D favorisce l’assorbimento nel sangue del calcio, i cui livelli dovrebbero pertanto essere controllati regolarmente da un medico in caso di assunzione di tiazidici.

Anche i reni malati hanno difficoltà ad eliminare il calcio, che per questo dovrebbe essere monitorato in presenza di nefropatie. Particolare cautela è richiesta nel caso dei soggetti affetti da calcoli renali, che tendono ad eliminare una maggiore quantità di calcio attraverso i reni, con il conseguenza rischio di recidive. Nei suddetti casi una carenza di vitamina D dovrebbe essere compensata solo sotto controllo medico.

La vitamina D non dovrebbe essere integrata in presenza del morbo di Boeck (sarcoidosi), una malattia del tessuto connettivo che può provocare un innalzamento oltre la norma dei livelli di calcio.

Dosaggi in breve

Dosi giornaliere consigliate in caso di artrite reumatoide

 

Vitamine

Vitamina E

da 20 a 50 milligrammi (mg) (400 milligrammi su consiglio medico)

Vitamina C

da 100 a 300 milligrammi

Vitamina D

da 1.000 a 2.000 unità internazionali (UI); o in base ai livelli ematici

  
 

Minerali

Selenio

da 50 a 100 microgrammi (µg)

Zinco

10 milligrammi

  
 

Flavonoidi

Curcumina

fino a 1.000 milligrammi

Quercetina

500 milligrammi

Resveratrolo

500 milligrammi

  
 

Acidi grassi

Acidi grassi omega-3

da 1.000 a 2.000 milligrammi

(almeno 1.400 milligrammi di EPA)

  
 

Altre sostanze

Glucosamina solfato

1.500 milligrammi

Condroitina solfato

da 800 a 1.200 milligrammi

Acido ialuronico

da 80 a 240 milligrammi

Collagene nativo di tipo II

20 milligrammi

 

 

Esami di laboratorio consigliati in breve

Esami di laboratorio consigliati in caso di artrite reumatoide

 

Valori normali

Selenio

da 120 a 150 microgrammi per litro (µg/l)

Vitamina D

da 40 a 60 nanogrammi per millilitro (ng/ml)

Indice omega-3

superiore all’8 percento (%)

 

 

Classificazione

Sostegno ai farmaci tramite i micronutrienti

Metotrexato, sulfasalazina e azatioprina: prestare attenzione all’acido folico e ad altre vitamine del gruppo B

Il metotrexato (Immutrex®, Afslamet®, Reumaflex®), abbreviato in MTX, è un antagonista dell’acido folico e può provocarne una carenza. Il suo effetto potrebbe però essere contrastato dall’assunzione di alti dosaggi di acido folico, che in quantità inferiori, pari a un massimo di 1.000 microgrammi al giorno, migliora la tollerabilità dell’MTX e previene un eventuale deficit.

La sulfasalazina inibisce l’assorbimento dell’acido folico nell’organismo, comportando il rischio di anemia nel lungo termine. Una carenza può essere prevenuta con l’assunzione giornaliera di 800 microgrammi di acido folico.

L’azatioprina può provocare una carenza di acido folico e vitamina B12, con la conseguente comparsa di anemia. Tale rischio può essere contenuto assumendo giornalmente da 200 a 800 milligrammi di acido folico e fino a 500 microgrammi di vitamina B12.

Farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS): migliorare l’efficacia e prevenire le carenze

L’azione analgesica di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) come l’acido acetilsalicilico (Aspirina®), il diclofenac (Voltaren®, Dicloreum®) e l’ibuprofene (Moment®, Brufen®) può essere migliorata con l’assunzione delle vitamine del gruppo B, particolarmente efficaci in combinazione con il diclofenac, come risultato da più studi di alto livello. Le vitamine del gruppo B contribuiscono ad alleviare i dolori e potenziano l’azione antinfiammatoria degli analgesici, come evidenziato dalla valutazione delle ricerche disponibili. In particolare, le vitamine B1 e B12 favoriscono la rigenerazione dei nervi danneggiati e inibiscono il dolore.

Al tempo stesso, i FANS possono ridurre l’assorbimento intestinale dell’acido folico e della vitamina B12, che è pertanto opportuno integrare in caso di assunzione regolare di analgesici. La dose dovrebbe essere compresa tra 400 e 1.000 microgrammi al giorno per l’acido folico, tra 250 e 1.000 microgrammi per la vitamina B12 e tra 50 e 100 milligrammi per le vitamine B1 e B6.

Si consiglia anche l’integrazione di vitamina E, con dosi comprese tra 65 e 130 milligrammi per ottenere un effetto antinfiammatorio e migliorare l’azione analgesica dei FANS.

Cortisone (glucocorticoidi): come compensare la perdita di vitamine e minerali

Se assunti in forma di compresse, cortisonici (glucocorticoidi) come il prednisone (Lodotra®) e il desametasone (Soldesam®) inibiscono l’assorbimento del calcio nell’organismo. Aumentano inoltre il rischio di osteoporosi, in quanto determinano il rilascio di una maggiore quantità di calcio dalle ossa. Per questo i medici specializzati in micronutrienti raccomandano un accurato controllo dell’apporto di calcio, che è opportuno integrare con dosi giornaliere di 1.000 milligrammi per prevenire una carenza.

Anche l’assunzione di vitamina D e vitamina K2 è da tenere in considerazione, poiché tali vitamine sono necessarie, rispettivamente, per l’assorbimento intestinale del calcio e per il suo accumulo nelle ossa. Nel corso di una terapia cortisonica si consiglia di assumere ogni giorno da 2.000 a 4.000 unità internazionali di vitamina D e 150 microgrammi di vitamina K2.

Il cortisone aumenta inoltre l’escrezione di vitamina C, magnesio e zinco, una cui carenza può essere prevenuta assumendo da 200 a 500 milligrammi di vitamina C, 300 milligrammi di magnesio e da 10 a 20 milligrammi di zinco al giorno.

Dosaggi in breve

Dosi giornaliere consigliate in caso di assunzione di farmaci

Metotrexato

 

Acido folico

fino a 1.000 microgrammi (µg)

  

Sulfasalazina

 

Acido folico

800 microgrammi

  

Azatioprina

 

Acido folico

da 200 a 800 microgrammi

Vitamina B12

fino a 500 microgrammi

  

Farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS)

 

Vitamina B1

da 50 a 100 milligrammi (mg)

Vitamina B6

da 50 a 100 milligrammi

Vitamina B12

da 250 a 1.000 microgrammi

Acido folico

da 400 a 1.000 microgrammi

Vitamina E

da 65 a 130 milligrammi

  

Cortisone (glucocorticoidi)

 

Calcio

1.000 milligrammi

Vitamina D

da 2.000 a 4.000 unità internazionali (UI)

Vitamina K2

150 microgrammi

Vitamina C

da 200 a 500 milligrammi

Magnesio

300 milligrammi

Zinco

da 10 a 20 milligrammi

 

 

Classificazione

Riepilogo

L’artrite reumatoide è una malattia infiammatoria cronica. Un errore di funzionamento del sistema immunitario (malattia autoimmune) provoca reazioni infiammatorie incontrollate a carico delle articolazioni, che vengono progressivamente distrutte. L’artrite reumatoide determina così una perdita di funzionalità e la comparsa di dolori nelle articolazioni interessate.

La medicina dei micronutrienti si prefigge l’obiettivo di influenzare positivamente la malattia e prolungare i periodi di tempo privi di sintomi. Le sostanze antiossidanti, come la vitamina C, la vitamina E, il selenio e lo zinco, proteggono le articolazioni dai radicali liberi e potrebbero rallentare la progressione della patologia. La vitamina E potrebbe esercitare un’azione analgesica. Grazie alla loro capacità di bloccare i radicali liberi, gli antiossidanti di origine vegetale, come la curcumina, la quercetina e il resveratrolo, contribuiscono alla conservazione della cartilagine e mitigano le infiammazioni.

La glucosamina, la condroitina e l’acido ialuronico svolgono un’azione protettiva sulla cartilagine e potrebbero diminuire i dolori articolari causati dall’artrite reumatoide. Il collagene nativo di tipo II contribuisce ad alleviare dolori e gonfiori articolari e si suppone che attenui la reazione del sistema immunitario. Anche gli acidi grassi omega-3 alleviano i dolori e riducono le infiammazioni. La vitamina D favorisce invece la regolazione immunitaria e inibisce l’attività della malattia.

La terapia tradizionale prevede l’impiego di farmaci come il metotrexato (MTX), la sulfasalazina o l’azatioprina, la cui assunzione può favorire una carenza di acido folico, che deve pertanto essere integrato. Il trattamento con azatioprina richiede inoltre la somministrazione di vitamina B12 per evitare la comparsa di una carenza e di anemia.

L’assunzione delle vitamine B1, B6 e B12 e dell’acido folico contribuisce a potenziare l’effetto analgesico dei farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) impiegati contro i dolori. La vitamina E inibisce inoltre le infiammazioni. L’impiego di cortisone aumenta il fabbisogno di calcio, vitamina D, vitamina K2, vitamina C, magnesio e zinco, che dovrebbero essere integrati per evitare la comparsa di carenze.

Classificazione

Indice degli studi e delle fonti

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