Trattamento naturale della steatosi epatica con la medicina dei micronutrienti

L’azione coadiuvante di vitamine e altre sostanze nel trattamento della steatosi epatica per evitare gravi conseguenze

La steatosi epatica è caratterizzata dal deposito di grasso nelle cellule del fegato, che può essere interessato da infiammazioni e danni permanenti. Il trattamento della steatosi epatica comporta essenzialmente il cambiamento delle abitudini alimentari. Accanto a una sana alimentazione e a un’adeguata attività fisica, anche la normalizzazione del peso corporeo riveste un ruolo importante. Le sostanze dall’effetto antinfiammatorio come i micronutrienti, in grado di regolare il metabolismo lipidico, sono indicate a supporto del trattamento. Leggete qui come la medicina dei micronutrienti può essere d’aiuto contro la steatosi epatica.

Modello di fegato con un metro a nastro
Sovrappeso e un’alimentazione scorretta, accanto all’alcol, sono tra le cause più frequenti della steatosi epatica. Lo zucchero consumato in quantità eccessive viene trasformato in grasso e depositato nelle cellule del fegato. Immagine: Shidlovski/iStock/Getty Images Plus

Cause e sintomi

Che cos’è la steatosi epatica?

La steatosi epatica è una malattia caratterizzata dall’accumulo di depositi di grasso nelle cellule del fegato. Se queste vengono interessate anche da un’infiammazione, i medici parlano di epatite steatosica.

In base alle cause, si distinguono due forme: Le steatosi epatiche alcoliche (AFLD) sono da ricondurre a un elevato consumo di alcol. Le steatosi epatiche non alcoliche (NAFLD) sono invece provocate da altri fattori, tra cui i principali sono:

  • Età avanzata
  • Sovrappeso e aumento della circonferenza addominale
  • Insulinoresistenza o diabete di tipo 2 nonché disturbi del metabolismo lipidico
  • Infezione da virus dell’epatite C
  • Malattie infiammatorie croniche intestinali o interventi al tratto gastrointestinale (sindrome dell’intestino corto)
  • Esposizione a metalli, malattia di Wilson (accumulo di rame nei tessuti)
  • Farmaci (ad esempio l’amiodarone di Cordarex®, glucocorticoidi come Deltacortene® e tamoxifene come Nolvadex®)

L’accumulo di grasso nelle cellule del fegato è normalmente reversibile e la steatosi epatica è dunque una malattia curabile. La comparsa di un’infiammazione (epatite steatosica) provoca invece danni permanenti e progressivi al fegato, fino al raggiungimento dello stadio finale con atrofia (cirrosi epatica), in cui il tessuto epatico viene progressivamente sostituito da tessuto connettivo, con la successiva comparsa di cicatrici fibrose. A questo punto il fegato può svolgere solo in misura limitata la sua funzione di organo della disintossicazione.

Sintomi della steatosi epatica

Stadi di danneggiamento del fegato
Gli accumuli di grasso possono essere eliminati, ma se il fegato è già interessato da cicatrici fibrose, la malattia è incurabile. Immagine: wowwa/iStock/Getty Images Plus

In molte persone la steatosi epatica non provoca alcun disturbo. I possibili sintomi includono una sensazione di pressione o pienezza nella parte destra dell’addome, stanchezza, spossatezza, nausea e vomito. Anche ritenzione idrica, disturbi della coagulazione del sangue e depigmentazioni cutanee possono essere indicativi della malattia. Occasionalmente si verifica l’innalzamento di determinati valori epatici.

Informazioni

I valori epatici comprendono, ad esempio, l’enzima gamma-GT e la bilirubina. Valori oltre la norma non comportano necessariamente la presenza di una steatosi epatica e possono indicare semplicemente un danneggiamento generale dell’organo.

Classificazione

Obiettivi del trattamento

Qual è il trattamento classico della steatosi epatica?

Il trattamento della steatosi epatica presuppone innanzitutto un cambiamento dello stile di vita, con attività fisica, un’alimentazione equilibrata e perdita di peso. È importante limitare i carboidrati rapidamente disponibili, perché le grandi quantità di zucchero (fruttosio), una volta giunte nel fegato, vengono trasformate direttamente in grasso e immagazzinate. Particolarmente problematiche sono le bevande zuccherate e i succhi di frutta.

I soggetti con resistenza all’insulina o diabete di tipo 2 vengono inoltre sottoposti a una terapia per la normalizzazione della glicemia. Qualora necessario, il medico può anche prescrivere farmaci contro l’ipertensione e per la riduzione del colesterolo. Ai pazienti con steatosi epatica viene inoltre consigliato di vaccinarsi regolarmente contro l’epatite A e B, perché un’infezione può peggiorare il quadro della malattia.

In caso di forte sovrappeso o di difficoltà a dimagrire nonostante la modifica delle abitudini alimentari, si può ricorrere a un intervento bariatrico, ad esempio per ridurre le dimensioni dello stomaco, che può così contenere solo porzioni di cibo limitate.

Gli obiettivi della medicina dei micronutrienti

Bevande zuccherate
La steatosi epatica è favorita soprattutto dalle bevande ricche di zucchero, una sostanza che raggiunge molto rapidamente il fegato, dove viene metabolizzata. Se questo non accade, viene trasformata in grasso e immagazzinata. Immagine: monticelllo/iStock/Getty Images Plus

La medicina dei micronutrienti può coadiuvare il trattamento della steatosi epatica, soprattutto con l’impiego di sostanze in grado di diminuire lo stress ossidativo e contrastare i processi infiammatori, nonché contribuire alla riduzione di colesterolemia e peso corporeo. In questo modo è possibile limitare il rischio che la malattia progredisca allo stadio di cirrosi epatica. Sono stati osservati gli effetti positivi delle seguenti sostanze:

Consiglio

Occasionalmente si consiglia anche una cura metabolica, la cosiddetta "dieta del fegato", che prevede la sostituzione dei pasti regolari con frullati proteici di alta qualità per un periodo di due settimane, accompagnati dai micronutrienti consigliati. 

Classificazione

Trattamento con i micronutrienti

Fibre: i beta-glucani dell’avena regolano glicemia e colesterolo

Meccanismo d’azione dei beta-glucani dell’avena

I beta-glucani dell’avena sono fibre solubili con proprietà positive per il fegato, che agiscono in vari modi, ad esempio rallentando la digestione dei carboidrati semplici. In questo modo il fegato non deve impiegare troppe energie nella gestione di grandi quantità di zucchero. I beta-glucani dell’avena riducono inoltre l’assorbimento di grassi e acidi biliari nell’intestino. L’organismo produce così nuovi acidi biliari dal colesterolo, diminuendone il livello. Si suppone anche che i beta-glucani dell’avena abbassino la produzione di nuovo colesterolo nel fegato.

Un lavoro di revisione mostra l’influsso positivo delle fibre solubili dell’avena sulla glicemia. Nel corso di più studi panoramici, i ricercatori sono giunti alla conclusione che i beta-glucani dell’avena, a differenza del placebo, riducano il colesterolo di un realistico 5-10 percento. Uno studio preliminare suggerisce inoltre la loro capacità di aumentare i livelli del colesterolo HDL dalla funzione protettiva sui vasi.

In un altro studio preliminare i partecipanti hanno beneficiato anche di un miglioramento tanto della funzionalità quanto dei valori epatici, accompagnato da una riduzione di peso e percentuale di grasso corporeo. I beta-glucani dell’avena potrebbero inoltre contrastare l’epatite steatosica, secondo i risultati di un esperimento sugli animali. Finora non sono disponibili studi sui pazienti affetti da steatosi epatica, ma l’impiego dei beta-glucani sembra tuttavia promettente.

Dosaggio e consigli sull’assunzione dei beta-glucani dell’avena

In presenza di steatosi epatica gli esperti in micronutrienti consigliano da 2 a 4 grammi di beta-glucani dell’aveva al giorno. Tre grammi di beta-glucani sono contenuti in circa 80 grammi di fiocchi d’avena o in 40 grammi di crusca d’avena. Chi non vuole mangiare avena ogni giorno può acquistare speciali preparati a base di beta-glucani, da aggiungere a yogurt o bevande.

Beta-glucani dell’avena: da considerare in caso di assunzione di farmaci e malattie

Nell’intestino le fibre solubili come i beta-glucani dell’avena formano una sostanza gelatinosa che può ridurre l’assorbimento dei farmaci e, di conseguenza, anche della quantità di principio attivo trasportata al sangue. Per questo si raccomanda di assumere le sostanze a una distanza di almeno due ore.

I celiaci devono prestare attenzione, perché la crusca contiene piccole quantità di glutine. Alcuni la tollerano senza problemi, mentre altri lamentano disturbi. Chi soffre di celiachia e desidera far uso dei beta-glucani dell’avena, per sicurezza deve prima parlarne con il proprio medico.

L’L-carnitina supporta il metabolismo lipidico e la disintossicazione del fegato

Meccanismo d’azione dell’L-carnitina

Formula chimica della carnitina
L’L-carnitina regola il metabolismo, introducendo gli acidi grassi a catena lunga nelle centrali elettriche delle cellule per ricavarne energia. Immagine: Zerbor/iStock/Getty Images Plus

L’L-carnitina partecipa alla combustione degli acidi grassi nei mitocondri (le centrali elettriche delle cellule), contrastandone così l’accumulo nel fegato. Inoltre l’L-carnitina supporta la disintossicazione epatica, concorre a rendere disponibili gli enzimi antiossidanti e sopprime la formazione di neurotrasmettitori infiammatori nel fegato. L’L-carnitina viene prodotta dall’organismo e non deve essere per forza introdotta con gli alimenti. Un disturbo della funzione epatica può tuttavia comprometterne la formazione, con la comparsa di una carenza.

Alcuni singoli studi indicano la capacità dell’L-carnitina di influenzare positivamente la steatosi epatica, ad esempio con il miglioramento dei valori del fegato dopo la sua assunzione per tre mesi. Secondo gli autori di questo studio di alto profilo, la stessa efficacia potrebbe ottenersi anche nella riduzione dei depositi di grasso. In due studi preliminari i ricercatori hanno inoltre accertato un miglioramento dei parametri epatici con l’assunzione di L-carnitina, laddove i partecipanti hanno riportato anche un miglioramento di glicemia e lipidi ematici, accompagnato dal calo di determinati valori infiammatori. In un altro studio preliminare l’L-carnitina ha permesso di ridurre la frequenza e la gravità della steatosi epatica anche nei bambini.

Questi primi risultati positivi devono essere ancora confermati da studi di alto profilo, ma l’assunzione dell’L-carnitina, abbinata al cambiamento delle abitudini alimentati, vale in ogni caso un tentativo.

Dosaggio e consigli sull’assunzione dell’L-carnitina

In caso di steatosi epatica gli esperti in micronutrienti consigliano fino a 1.000 milligrammi di L-carnitina distribuiti nell’arco della giornata, ad esempio in tre dosi da 500 milligrammi l’una. In presenza di malattie epatiche il suo impiego andrebbe valutato con il proprio medico.

Il momento migliore per assumere l’L-carnitina è insieme ai pasti, per migliorarne la tollerabilità, preferibilmente accompagnata da verdura e fibre.

L-carnitina: da considerare in caso di assunzione di farmaci e malattie

In casi rari l’L-carnitina può potenziare l’effetto degli anticoagulanti di tipo cumarinico (antagonisti della vitamina K), tra cui il fenprocumone e il warfarin (Coumadin®). Per questo la sua assunzione con tali farmaci deve essere preventivamente discussa con un medico.

Nei diabetici l’L-carnitina può migliorare la glicemia e, se assunta con farmaci che riducono il livello di zucchero nel sangue, aumenta il rischio di ipoglicemia. Il medico può eventualmente adattare di conseguenza la dose dei medicinali. I farmaci in questione includono metformina (ad esempio Metbay®, Metforal®, Metfonorm®) o sulfaniluree come glibenclamide o glimeperide (ad esempio Glibomet®, Amaryl®).

In caso di diabete e alto rischio di malattie cardiovascolari, l’L-carnitina dovrebbe essere assunta sotto controllo medico, poiché nell’intestino può liberare una sostanza (trimetilammina-N-ossido) in grado di aumentare il rischio o peggiorare il quadro clinico delle malattie già in corso.

Coloro che soffrono di insufficienza renale cronica dovrebbero discutere con il proprio medico l’eventuale assunzione di preparati a base di dosi elevate di L-carnitina (oltre 1.000 milligrammi), così come i malati di cancro. La sostanza potrebbe infatti favorire la crescita di alcuni tipi di tumore caratterizzati da un metabolismo lipidico accelerato.

La colina favorisce il trasporto del grasso dal fegato

Meccanismo d’azione della colina

Illustrazione della membrana cellulare
La colina definisce la struttura delle cellule epatiche e compone la membrana cellulare. Immagine: markusblanke/iStock/Getty Images Plus

Per trasportare i grassi nel sangue l’organismo ha bisogno della colina, importante per la costituzione delle unità di trasporto. In questo modo la colina partecipa alla rimozione dei grassi dal fegato, contrastando la formazione di depositi. In forma di fosfatidilcolina la si ritrova anche nella membrana cellulare, dove svolge un ruolo importante per la struttura e la funzione delle cellule epatiche. Alcuni dati sembrano inoltre indicare una sua azione antiossidante, rigenerante e antinfiammatoria.

Una carenza di colina può favorire la steatosi epatica e contribuire alla morte delle cellule epatiche. Si ipotizza anche che un suo deficit possa favorire la comparsa del cancro al fegato in presenza di steatosi epatica. Nei soggetti con steatosi epatica le cellule del fegato hanno spesso un contenuto di fosfatidilcolina inferiore a quello delle persone sane.

In caso di steatosi epatica l’assunzione di colina o fosfatidilcolina potrebbe quindi essere d’aiuto. Alcuni ricercatori impegnati in un lavoro di revisione sono giunti alla conclusione che le varie forme di colina, tra cui anche la fosfatidilcolina, possono migliorare il quadro della steatosi epatica. Anche uno studio preliminare condotto su bambini con steatosi epatica e infiammazione ha avuto un esito positivo: La colina, in combinazione con la vitamina E e l’acido grasso omega-3 docosaesaenoico (DHA), ha ridotto la gravità della malattia e migliorato il metabolismo degli zuccheri.

In generale i risultati sull’azione di colina e fosfatidilcolina sulla steatosi epatica sono promettenti. Questa loro utilità non è tuttavia ancora confermata, in assenza di studi clinici di ampio respiro. Il suo impiego vale in ogni caso un tentativo in virtù delle sue proprietà antiossidanti e antinfiammatorie.

Dosaggio e consigli sull’assunzione di colina

A supporto del trattamento della steatosi epatica, gli esperti in micronutrienti consigliano da 65 a 260 milligrammi di colina al giorno, che corrispondono rispettivamente a 500 e 2.000 milligrammi di fosfatidilcolina.

Il momento migliore per assumerla è insieme ai pasti, distribuendo la quantità complessiva nel corso della giornata, ad esempio in tre dosi da 350 milligrammi di fosfatidilcolina.

Consiglio

Per la steatosi epatica è opportuno utilizzare la colina assieme ai probiotici, che favoriscono la salute dei batteri dell’intestino. Una flora intestinale disturbata potrebbe infatti favorire la produzione di una sostanza dalla colina che va a gravare ulteriormente sul fegato.

Colina: da considerare in caso di gravidanza, allattamento, malattie e assunzione di farmaci

In assenza di sperimentazioni sufficienti in questo ambito, l’assunzione di colina e fosfatidilcolina durante la gravidanza e l’allattamento alle dosi indicate deve essere preventivamente discussa con il medico. I primi studi sembrano tuttavia confermarne la sicurezza.

L’impiego regolare di colina e fosfatidilcolina in presenza di malattie cardiovascolari, insufficienza renale o diabete deve essere seguito da un medico. Eventuali disturbi della flora intestinale potrebbero provocare la formazione di una sostanza dalla colina (trimetilammina-N-ossido) in grado di aumentare ulteriormente il rischio.

Nell’impossibilità di escludere un’influenza della colina sul metabolismo delle cellule tumorali, i malati di cancro per sicurezza non dovrebbero assumere fosfatidilcolina.

I soggetti in terapia con anticoagulanti dovrebbero valutare preventivamente con il proprio medico l’uso della fosfatidilcolina, che potrebbe interagire con i farmaci, tra cui fenprocumone e warfarin (Coumadin®).

La massima cautela è consigliata anche agli allergici alla soia, poiché la fosfatidilcolina estratta da questo vegetale in rari casi può provocare reazioni allergiche. Anche le persone allergiche ad arachidi o polline di betulla devono prestare attenzione, nell’impossibilità di escludere un’allergia incrociata alla soia.

L’estratto di carciofo riduce stress ossidativo e infiammazioni

Meccanismo d’azione dell’estratto di carciofo

I polifenoli presenti nell’estratto di carciofo proteggono le cellule dallo stress ossidativo, contrastando la comparsa di danni cellulari e infiammazioni al fegato provocati dai radicali liberi. Negli esperimenti sugli animali l’estratto di carciofo ha evitato la morte delle cellule epatiche, mentre i ricercatori ipotizzano una sua efficacia nella riduzione dei lipidi ematici.

Un lavoro di revisione evidenzia come il suo impiego abbia determinato il calo dei valori di colesterolo e altri grassi nel sangue. In due studi di alto livello condotti su pazienti con steatosi epatica, la sua assunzione ha inoltre portato a un miglioramento dei parametri ematici. In una delle due sperimentazioni i ricercatori hanno anche osservato mediante ecografia la riduzione del volume del fegato e una sua migliore irrorazione.

I benefici dell’estratto di carciofo nel trattamento della steatosi epatica devono essere confermati da altri studi, ma i risultati finora raggiunti sono incoraggianti. La sua assunzione può pertanto essere utile per migliorare i valori epatici.

Carciofo tagliato a metà
Alcuni studi sostengono che l’estratto di carciofo possa ridurre i lipidi ematici e migliorare i valori del fegato nei soggetti interessati. Immagine: Martin Keiler/iStock/Getty Images Plus

Dosaggio e consigli sull’assunzione dell’estratto di carciofo

In caso di steatosi epatica gli esperti in micronutrienti consigliano da 500 a 2.000 milligrammi di estratto di carciofo al giorno, da assumere di preferenza insieme ai pasti per sfruttarne anche l’azione benefica sulla digestione, distribuendo la quantità in più porzioni nell’arco della giornata, ad esempio in tre dosi da 250 milligrammi l’una.

Estratto di carciofo: da considerare in caso di gravidanza, allattamento, somministrazione ai bambini, malattie e assunzione di farmaci

L’assunzione dell’estratto di carciofo durante la gravidanza e l’allattamento nonché la sua somministrazione ai bambini di età inferiore a dodici anni sono sconsigliate in assenza di indagini sufficienti sulla sua sicurezza.

L’estratto di carciofo non deve essere impiegato in caso di malattie biliari, occlusioni delle vie biliari o epatite, poiché stimola la digestione e il flusso biliare e potrebbe provocare disturbi (coliche biliari).

Anche le persone allergiche al carciofo o ad altre asteracee non ne devono fare uso.

L’estratto di carciofo può ridurre l’effetto degli anticoagulanti, come il fenprocumone o il warfarin (Couamdin®). Prima di utilizzarlo le persone che assumono questi farmaci devono consultare il proprio medico, che ne può eventualmente adattare le dosi.

I probiotici rinforzano la barriera intestinale e tengono lontane le sostanze nocive

Meccanismo d’azione dei probiotici

La steatosi epatica si accompagna spesso a disturbi della flora intestinale. La parete dell’intestino è solitamente impermeabile e impedisce l’ingresso dei batteri nell’organismo. In determinate circostanze questa barriera perde però la sua impenetrabilità, lasciando entrare batteri e sostanze nocive. In questo caso si parla di sindrome dell’intestino permeabile, provocata ad esempio da un’alimentazione scorretta o dall’assunzione di farmaci. I ricercatori ipotizzano che i batteri, una volta raggiunto il sangue, si spostino dall’intestino al fegato, producendo sostanze nocive che potrebbero favorire una steatosi epatica.

Non si sa ancora con certezza se i probiotici possano influenzare positivamente la steatosi epatica, ma i risultati dei primi studi sembrano promettenti: tre lavori di revisione mostrano come la loro assunzione sia in grado di migliorare i valori epatici e infiammatori, con una riduzione dei lipidi ematici. La sperimentazione è stata condotta su adulti e bambini. Oggetto di valutazione è stato anche l’influsso dei probiotici sul metabolismo degli zuccheri e sul peso corporeo, che in alcuni casi è risultato positivo e in altri nullo. Il fattore decisivo è probabilmente rappresentato dal cambiamento delle abitudini alimentari.

Anche se l’utilità dei probiotici non è ancora interamente dimostrata, la loro assunzione vale in ogni caso un tentativo. Particolarmente promettenti sembrano i cosiddetti simbiotici, ovvero combinati con le fibre, che costituiscono il nutrimento dei batteri probiotici. Accanto ai beta-glucani dell’avena si consigliano soprattutto le destrine resistenti (non digeribili) e l’amido resistente.

Dosaggio e consigli sull’assunzione dei probiotici

In presenza di steatosi epatica gli esperti in micronutrienti consigliano una combinazione di batteri probiotici comelattobacilli e bifidobatteri. Alcuni studi hanno evidenziato anche l’efficacia del batterio Streptococcus thermophilus. La probabilità che i batteri si insedino nell’intestino cresce all’aumentare del loro spettro.

Si consigliano da 1 a 20 miliardi (da 1 a 20 x 109) di unità formanti colonie al giorno. Il momento migliore per assumere i probiotici è in concomitanza con un pasto facilmente digeribile, ad esempio a base di frutta, verdura o latticini. In questo modo il passaggio attraverso lo stomaco è rapido e i batteri non vengono danneggiati troppo dagli acidi gastrici. I probiotici devono essere assunti per un periodo di tempo prolungato perché la loro efficacia diminuisce non appena si sospende il preparato.

Probiotici: da considerare in caso di malattie

I probiotici possono provocare disturbi a chi è intollerante all’istamina, che si presume venga prodotta da alcuni tipi di batteri, tra cui ad esempio Lactobacillus casei, Lactobacillus delbrueckii ssp. bulgaricus, Lactobacillus reuteri, Lactococcus lactis ed Enterococcus faecium.

Si sconsiglia l’uso di probiotici a persone molto deboli con difese immunitarie basse, a persone con catetere venoso centrale (ad esempio sottoposti a chemioterapia) e a chi soffre di valvulopatie e di sindrome dell’intestino corto.

Gli acidi grassi omega-3 hanno proprietà antinfiammatorie

Meccanismo d’azione degli acidi grassi omega-3

Capsule di omega-3
Gli acidi grassi omega-3 contenuti nell’olio di pesce regolano i lipidi ematici e per questo gli esperti in micronutrienti li consigliano in caso di steatosi epatica. Immagine: mansichirps/iStock/Thinkstock

Gli acidi grassi omega-3, oltre ad avere proprietà antinfiammatorie, abbassano i lipidi ematici e contribuiscono a proteggere le cellule dell’organismo come parte integrante della loro membrana. Le persone con steatosi epatica sono spesso carenti di omega-3, soprattutto di acido eicosapentaenoico (EPA) e acido docosaesaenoico (DHA).

Non esistono dati certi sull’azione positiva degli acidi grassi omega-3 sull’andamento della steatosi epatica, ma i primi lavori di revisione mostrano che la loro assunzione può arginare i danni a carico del fegato e migliorarne i parametri, soprattutto negli stadi iniziali della malattia.

Inoltre, gli acidi grassi omega-3 riducono i valori dei lipidi ematici oltre la norma, in particolare dei trigliceridi , mentre una loro eventuale azione sul colesterolo non è stata dimostrata con certezza. In dubbio è anche la loro efficacia in caso di steatosi epatica avanzata. La loro assunzione vale in ogni caso un tentativo, soprattutto nei casi più lievi, in virtù delle loro numerose proprietà benefiche.

Dosaggio e consigli sull’assunzione degli acidi grassi omega-3

In caso di steatosi epatica gli esperti in micronutrienti consigliano da 1.000 e 2.000 milligrammi di acidi grassi omega-3 al giorno. I primi studi mostrano che, nonostante l’azione più marcata dell’EPA sui valori del colesterolo e dell’infiammazione, il DHA è più efficace nel trattamento della steatosi epatica. È pertanto opportuno scegliere preparati con una maggiore percentuale di DHA, che si trova in abbondanza soprattutto nell’olio di pesce e di alghe.

I preparati a base di omega-3 dovrebbero essere sempre assunti insieme ai pasti perché l’organismo è in grado di assorbirli solo assieme ai lipidi presenti negli alimenti.

Determinazione dei livelli di acidi grassi omega-3 in laboratorio

In caso di steatosi epatica si consiglia di determinare l’indice omega-3 con un esame di laboratorio che misura la percentuale degli acidi grassi omega-3 nei globuli rossi.

Le persone con un valore basso sono ad esempio maggiormente esposte al rischio di malattie cardiovascolari. L’indice omega-3 è espresso in percentuale e dovrebbe essere superiore a 8, ad indicare che 8 acidi grassi su 100 presenti nei globuli rossi sono preziosi omega-3.

Acidi grassi omega-3: da considerare in caso di assunzione di farmaci e malattie

Gli acidi grassi omega-3 fluidificano il sangue e, a partire da una dose di 1.000 milligrammi, possono potenziare l’efficacia dei farmaci anticoagulanti, a cui appartengono i derivati cumarinici come il fenprocumone e il warfarin (Coumadin®), l’acido acetilsalicilico (ASA, Aspirina®), l’eparina (Clexane®) e i cosiddetti nuovi anticoagulanti orali, tra cui apixaban (Eliquis®), dabigatran (Pradaxa®), edoxaban (Lixiana®) e rivaroxaban (Xarelto®).

Per lo stesso motivo gli acidi grassi omega-3 non andrebbero assunti in presenza di coagulopatie. Anche prima di un intervento chirurgico programmato è opportuno valutare la sospensione dell’impiego con il proprio medico.

Gli acidi grassi omega-3 non andrebbero assunti in caso di malattie epatiche improvvise e pancreatite o colecistite acuta.

Gli antiossidanti proteggono il fegato dai radicali liberi

Meccanismo d’azione degli antiossidanti

Lo stress ossidativo contribuisce in modo considerevole alla steatosi epatica poiché le cellule del fegato vengono danneggiate dai radicali liberi. Lo stress ossidativo provoca infiammazione e favorisce la progressione della malattia. Gli antiossidanti come la vitamina E, la vitamina C e il glutatione catturano i radicali liberi, proteggendo il fegato. Studi preliminari mostrano come i pazienti con cirrosi epatica presentino più spesso una carenza di vitamina C e glutatione rispetto ai soggetti sani.

Vitamina E: nel corso dei primi lavori di revisione i ricercatori sono giunti alla conclusione che, in caso di steatosi epatica, la vitamina E potrebbe migliorare i parametri del fegato e arginare le infiammazioni. In ogni caso non è ancora chiaro se questo effetto si manifesti in egual misura in tutti i pazienti. Finora si sono ottenuti risultati positivi solo nei soggetti non affetti contemporaneamente anche da diabete.  

Vitamina C: nella steatosi epatica avanzata (cirrosi epatica) il sangue si accumula a monte del fegato interessato da cicatrici fibrose, con una conseguente limitazione della funzione vascolare, che si manifesta ad esempio con la comparsa di varici nell’esofago e nello stomaco. Al processo partecipa probabilmente anche lo stress ossidativo. Secondo i risultati di uno studio preliminare, la somministrazione endovenosa della vitamina C potrebbe migliorare la funzione vascolare e contrastare un aumento della pressione sanguigna nel fegato.

La combinazione di vitamine E e C è riuscita a contrastare la formazione di cicatrici fibrose nel fegato (fibrosi), come indicato da un piccolo studio di alta qualità. La fibrosi è uno stadio intermedio tra steatosi epatica e cirrosi epatica. Questo studio non ha tuttavia permesso di osservare l’azione antinfiammatoria della vitamina E, mentre esistono indicazioni relative a un effetto antifibrotico di miscele di altri antiossidanti come curcumina, resveratrolo e quercetina.

Glutatione: studi preliminari lasciano supporre che l’assunzione di glutatione in caso di steatosi epatica possa migliorare i parametri del fegato e ridurre determinati lipidi ematici. Gli eventuali benefici del suo impiego devono ora essere confermati da studi di più ampia portata e alto profilo.

In generale i dati sui benefici degli antiossidanti in caso di steatosi epatica non sono ancora definitivi, anche se è noto che i pazienti interessati dalla malattia dovrebbero assumerli in quantità sufficiente con gli alimenti per evitarne la carenza.

Dosaggio e consigli sull’assunzione di antiossidanti

Per evitare una carenza di antiossidanti in caso di steatosi epatica, i medici specializzati in micronutrienti consigliano un preparato che ne contenga molti tipi differenti, perché la loro azione si integra a vicenda. Le seguenti dosi giornaliere possono essere indicate:

  • Vitamina E: da 20 a 40 milligrammi
  • Vitamina C: da 200 a 400 milligrammi
  • Glutatione: fino a 300 milligrammi

Informazioni

In caso di steatosi epatica gli esperti in micronutrienti consigliano a volte anche una cura di vitamina E, che comporta l’assunzione di 300-400 milligrammi della sostanza al giorno per un determinato periodo di tempo, ma La vitamina E: un antiossidante naturalesolo dopo averne discusso con il proprio medico.

Il momento migliore per assumere gli antiossidanti è insieme ai pasti, perché ad esempio l’assorbimento ottimale della vitamina E è assicurato dal grasso presente negli alimenti. Il glutatione dovrebbe essere invece assunto a stomaco vuoto, perché alcune delle sostanza presenti nei cibi ne impediscono l’assorbimento.

Antiossidanti: da considerare in caso di gravidanza, assunzione di farmaci e malattie

Durante la gravidanza e l’allattamento una dose massima di vitamina C pari a 1.800 mg al giorno è probabilmente sicura, tuttavia si dovrebbe valutare il rapporto rischi/benefici per quantità di 200 milligrammi.

Dosi elevate di vitamina E possono causare interazioni con gli anticoagulanti e richiedono l’attento monitoraggio dei valori di coagulazione del sangue da parte di un medico. I farmaci in questione includono, ad esempio:

  • Gli antagonisti della vitamina K come il fenprocumone e il warfarin (Coumadin®)
  • L’acido acetilsalicilico (ad esempio Aspirina®, ASA®)
  • I nuovi anticoagulanti orali come apixaban (Eliquis®), dabigatran (Pradaxa®), edoxaban (Lixiana®) e rivaroxaban (Xarelto®)

In un esperimento sugli animali, la vitamina C ha ridotto l’efficacia del farmaco antileucemico bortezomib (ad esempio Velcade®), pertanto la sua assunzione in concomitanza con una terapia di questo tipo va preventivamente valutata con il proprio medico. Poiché la vitamina C migliora l’assorbimento del ferro, chi soffre di emocromatosi dovrebbe assumerne dosi elevate solo sotto controllo medico.

Il glutatione potrebbe limitare l’efficacia di alcuni farmaci antitumorali e la sua assunzione durante terapie di questo tipo dovrebbe essere subordinata al parere del medico curante.

Alimenti ricchi di antiossidanti
In presenza di steatosi epatica è importante coprire il fabbisogno di antiossidanti. A tal fine gli esperti in micronutrienti consigliano un preparato che ne contenga il maggior numero possibile, perché anche negli alimenti queste sostanze si ritrovano sempre in combinazione tra loro. Immagine: seb_ra/iStock/Getty Images Plus

L’EGCG del tè verde migliora il metabolismo di grassi e zuccheri e svolge un’azione antiossidante

Meccanismo d’azione dell’EGCG del tè verde

Il polifenolo epicatechina gallato (EGCG), che si trova principalmente nel tè verde, possiede proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e antifibrotiche, oltre a partecipare alla regolazione del metabolismo energetico. L’EGCG può stimolare la combustione dei grassi, ridurre i valori dei lipidi ematici, migliorare il metabolismo degli zuccheri e favorire la perdita di peso.

I primi studi preliminari mostrano un calo di peso dovuto all’assunzione di EGCG del tè verde nonché un miglioramento dei valori epatici, del colesterolo, della glicemia e infiammatori. L’analisi ha preso in esame soggetti in sovrappeso e pazienti affetti da steatosi epatica. Studi di alto livello con partecipanti in sovrappeso non hanno invece riscontrato alcun chiaro effetto su peso corporeo, percentuale di grasso, colesterolemia, metabolismo degli zuccheri o valori epatici. I dati contrastanti potrebbero essere da ricondurre al variare delle dosi impiegate.

In generale l’azione dell’EGCG del tè verde sulla steatosi epatica non è stata ancora dimostrata in modo definitivo. Gli esperti in micronutrienti consigliano in ogni caso di integrare l’EGCG o bere tè verde.

Dosaggio e consigli sull’assunzione dell’EGCG del tè verde

In caso di steatosi epatica gli esperti in micronutrienti consigliano da 70 a 200 milligrammi di EGCG di tè verde al giorno, da assumere sempre insieme ai pasti e meglio se in preparati con estratto di tè verde, che sembra più efficace rispetto all’EGCG isolata.

L’impiego dell’estratto di tè verde in presenza di steatosi epatica deve essere discusso preventivamente con un medico, che ne deve in ogni caso seguire la somministrazione nelle fasi avanzate della malattia (cirrosi epatica). In rari casi dosi di EGCG del tè verde superiori a 800 milligrammi possono determinare un aumento dei valori epatici.

EGCG del tè verde: da considerare in caso di gravidanza e assunzione di farmaci

Non sono stati ancora condotti studi sulla sicurezza dell’estratto di tè verde durante la gravidanza, pertanto le donne incinte dovrebbero evitare di assumerlo.

Determinate sostanze contenute nel tè verde impediscono l’assorbimento di farmaci come il betabloccante bisoprololo (ad esempio Bisoprololo®, Concor®) o l’antipertensivo nifedipina (come Adalat®, Anifed®, Nifesal®), che andrebbero pertanto assunti ad almeno quattro ore di distanza dall’infuso o dalle capsule di tè verde.

Il tè verde può annullare l’efficacia dei farmaci antitumorali contenenti il principio attivo bortezomib (ad esempio Velcade®). I malati di tumore dovrebbero sempre consultare il proprio medico curante prima dell’assunzione.

Dosaggi in breve

Dosi giornaliere consigliate in caso di steatosi epatica

 

Vitamine

Vitamina E

da 20 a 40 milligrammi (mg)

Vitamina C

da 200 a 400 milligrammi

  
 

Polifenoli e fibre

Beta-glucani dell’avena

da 2 a 4 grammi (g)

Estratto di carciofo

da 500 a 2.000 milligrammi

EGCG del tè verde

da 70 a 200 milligrammi

  
 

Altro

L-carnitina

fino a 1.000 milligrammi

Colina

da 65 a 260 milligrammi

(oppure: da 500 a 2.000 milligrammi di fosfatidilcolina)

Probiotici

da 1 a 20 miliardi di unità formanti colonie (UFC)

Acidi grassi omega-3

da 1.000 a 2.000 milligrammi

Glutatione

fino a 300 milligrammi

 

Esami di laboratorio consigliati in breve

Esami di laboratorio consigliati in caso di steatosi epatica

 

Valori normali

Indice omega-3

superiore all’8 percento (%)

 

Classificazione

Riepilogo

La steatosi epatica è caratterizzata dall’accumulo di grasso nelle cellule del fegato. La progressione della malattia può provocare gravi danni all’organo, che perde la capacità di svolgere le sue funzioni. Elementi importanti di una terapia sono un cambiamento delle abitudini alimentari e sufficiente attività fisica. Anche l’impiego mirato di micronutrienti contribuisce alla salute del fegato.

I beta-glucani dell’avena regolano il metabolismo di colesterolo e zuccheri e possono influenzare positivamente anche i valori epatici oltre la norma. L’L-carnitina favorisce la combustione dei lipidi, contrastando l’accumulo di grasso. La colina rimuove i grassi dalle cellule del fegato e potrebbe influire positivamente sulla steatosi epatica. L’estratto di carciofo ha inoltre un’azione antiossidante e antinfiammatoria.

I probiotici proteggono il fegato dalle sostanze batteriche nocive e potrebbero migliorare i valori epatici, infiammatori e dei lipidi ematici. Gli acidi grassi omega-3 inibiscono a loro volta le infiammazioni e si pensa possano mitigare i danni epatici nello stadio iniziale della malattia. Gli antiossidanti come la vitamina E, la vitamina C e il glutatione inibiscono lo stress ossidativo, aiutando a rallentare i danni così provocati al fegato. Anche il polifenolo EGCG estratto dal tè verde possiede proprietà antiossidanti e antinfiammatorie, oltre a stimolare la combustione dei grassi e ridurre i lipidi ematici.

Classificazione

Indice degli studi e delle fonti

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